Si sa, la storia del cinema italiano è talmente avventurosa, picaresca, stratificata da prestarsi a mille prospettive dalle angolazioni più disparate. Un testo aperto che è al contempo storia e leggenda, cronaca e mitologia, sogno e incubo. Concentrarsi sui produttori è una delle tante possibilità, probabilmente non tra le più coltivate per quanto esistano “episodi” molto interessanti (la monografia Dino di Tullio Kezich su De Laurentiis, i documentari su Goffredo Lombardo e Franco Cristaldi). A Simone Isola, a sua volte produttore ma anche docente universitario, va riconosciuto anzitutto il merito di proseguire su questa strada, dedicata al racconto di personalità che sapevano unire la visione di un progetto artistico e la vocazione mercantile.

Infatti, dopo il fondamentale lavoro su Alfredo Bini, riscoperto nel doc Alfredo Bini, ospite inatteso e nel libro Hotel Pasolini curato con Giuseppe Simonelli, Isola ha scelto di approfondire la parabola umana e professionale di Vittorio Cecchi Gori. Realizzato con Marco Spagnoli, il documentario Cecchi Gori – Una famiglia italiana è parte di un piano più ampio, che prevede anche un libro con moltissime foto inedite e una mostra allestita in occasione della Festa del Cinema di Roma, e permette all’ormai ex produttore di affrancare la propria immagine da troppo tempo relegata alla cronaca per restituirla all’originaria dimensione cinematografica. Nonostante un titolo che evoca l’idea di un mestiere vissuto in maniera totale, si tratta essenzialmente della storia di Vittorio: il rapporto intenso con il padre Mario, fondatore dell’affare di famiglia, i ricordi dei primi set gestiti tra i venti e i trent’anni (Il gaucho in Argentina, Brancaleone alle crociate in Algeria), gli incontri con amici come Carlo Verdone, Giuseppe Tornatore e perfino Maria Grazia Buccella, riapparsa dopo decenni di oblio. Malandato e malinconico ma ben disponibile a mettere al centro il proprio corpo per rimarcare tutti i colpi subiti e la resilienza, Cecchi Gori è sempre in scena, padrone di casa che parla, conversa, commenta, rievoca sullo sfondo di una libreria pullulante di David, Nastri, Leoni, Oscar.

Da ottimi studiosi, Isola e Spagnoli sottolineano il rilievo del personaggio nell’industria nazionale (il primo a capire l’importanza del catalogo e la vendita dei diritti alle televisioni), evidenziando l’evoluzione della casa di produzione in una major dall’impianto americana. Non omettono le cadute, i guai giudiziari, i problemi, i conflitti, sia inserendo qua e là pezzi di autodifese nel momento più buio sia riportandolo a Firenze, città natale praticamente mai più frequentata dopo il fallimento della Fiorentina, squadra che da presidente ha portato agli ultimi trionfi. E il personaggio è tanto singolare che dentro il film si trovano tanti altri film: la casa comprata coi profitti di Il sorpasso e svuotata degli amici un tempo molto presenti, il socio Berlusconi che lo aiuta a seppellire Mario e il giorno dopo rompe la società, il crepuscolo di un ex potente che cerca di riconquistare il catalogo della library.