Con il posto riservato alla messa e il cabaret di dolci per il pranzo domenicale, i pilastri di un buon borghese di provincia sono due: il duro lavoro e una famiglia solida. E il signor Cardinaud è senza dubbio un esemplare impeccabile. Con la sua bella famiglia e la sua grande casa, il suo cappello borsalino e il suo cappotto elegante, Cardinaud cammina distinto (e invidiato) tra le strade di La Rochelle con la rilassata consapevolezza che il suono della sirena in lontananza arriva da un peschereccio che è anch’esso sicuramente suo. Magari lo stesso su cui lavorava ventisette anni prima. L’inaspettata sparizione della moglie rischia però di far implodere il suo sistema di certezze costruito con fatica in trent’anni.

Con Sangue alla testa Gilles Grangier torna a lavoro con Gabin, Audiard e Simenon (un anno dopo I giganti del 1955), in un insolito noir tratto dal romanzo dello scrittore belga. Nei dialoghi intelligenti scritti di Audiard si incontrano l’impertinenza parigina e la sagacia provinciale, mentre il contributo di Simenon, al di là della base narrativa, si ritrova anche nell’ambientazione: La Rochelle, cittadina prediletta dallo scrittore, è la lo scenario perfetto per una storia che parla di relazioni e reputazioni in provincia.

Una cittadina portuale economicamente legata al mercato peschereccio, che Grangier si occupa di raccontare con esattezza documentaristica (l’asta del pesce, i lavoratori portuali, il viavai dei pescherecci, l’ostilità vivace delle osterie) legandola alle dinamiche di cordialità, condiscendenza, invidia o malizia di chi ha assistito alla scalata lavorativa dell’ex scaricatore di porto. Proprio per questioni di malizia il noir diventa inconsueto: tutti sanno dov’è la moglie di Cardinaud e lo chiamano cornuto, ma solo quando non sente.

Insomma questa scomparsa non è un mistero, ma piuttosto il pretesto per un’indagine interiore e identitaria che riguarda Cardinaud, alle prese con la decostruzione della suo ruolo di patriarca. La mancanza della donna non è tanto sofferta nella sfera privata, quanto in quella pubblica. La moglie è un il tassello mancante del quadro borghese a cui l’uomo aspirava: una crisi identitaria che non suggerisce soluzioni, eccetto il ritorno della donna e quindi anche il ritorno allo status quo.