Dragged across Concrete significa "trascinato nel cemento" ed è l'autoritratto di S. Craig Zahler, romanziere pulp, produttore discografico e direttore della fotografia adesso al terzo film da regista - il genere di film che tiene sul bordo della poltrona a mangiarsi le unghie in attesa che scorra sangue; celebre per il gore alla Fulci, Zahler ribatte di essersi ispirato a Il principe della città (1971). Come il capolavoro di Sidney Lumet Dragged across Concrete è quasi tre ore di dialogo sfibrante, buio, claustrofobia. Il "cemento" è la torba in cui si dibattono i tre protagonisti, un afroamericano appena uscito di galera (Michael Jai White) e due poliziotti (Mel Gibson e Vince Vaughan) sospesi in seguito alla diffusione del video amatoriale in cui li si vede "esagerare" con un fermato ispanico.
Quest'opera terza fonde ancora una volta studio psicologico e studio d'ambiente nel solco aperto da certi anni '70: oltre a Lumet insegna Don Siegel, già omaggiato nel titolo del secondo film Brawl in Cell Block 99 che strizza l'occhio a Riot in Cell Block 11; la sua lezione, conflitto fra individuo e contesto, risuona in ogni film di Zahler: antieroi con le mani sporchissime in un mondo ancor più sporco ma che non cessano di incarnare valori e lottare per essi. Dragged across Concrete si può leggere come epilogo di un'ideale "trilogia americana" - un'unica, lenta discesa agli inferi del ventre della nazione. Atto primo Bone Tomahawk, il western che recupera e insieme tradisce Sentieri selvaggi mettendo fra il discutibile sceriffo Kurt Russell e la sua missione di salvataggio un'immaginaria tribù di indiani cannibali meno simili a veri nativi che all'alieno di Predator o a un saggio sul "mostro" creato dai racconti e dal cinema di frontiera..
Centro di Brawl in Cell Block 99 - dopo il "braccio violento della legge" - è un'altro ganglio vitale dell'organismo americano, quella famiglia per cui uno spacciatore nonviolento arriverà a macchiarsi di atroci delitti e a sprofondare nei meandri del sistema carcerario. Dove Lumet dà effettivamente il cambio di guardia a Siegel è nel visualizzare questa dimensione costrittivo-introspettiva, l'unica stanza di La parola ai giurati da cui il regista newyorkese non uscì mai veramente del tutto. La gabbia in Tomahawk, le prigioni in Cell Block 99, ora l'ambiziosa sintesi di Dragged across Concrete. Incontriamo il galeotto nella prima scena, gli "sceriffi" nella seconda; terremo il fiato fino allo stupendo finale in attesa della collisione.
Mentre il più fervente discepolo di Lumet - Spike Lee - torna a ruggire con Blackkklansman, Zahler cala in picchiata sulle magagne dell'America interraziale; la monitora da decine di angolazioni in un caleidoscopico specchio rotto di videate e ne blatera in toni cheap da talk-show televisivo fino a far sospettare che con l'occasione stia rigirando anche Quinto potere. Da un Gibson in cattive acque proprio per commenti a sfondo razzista spreme una performance ringhiosa e perfetta; rischia il teatro filmato che era il tallone d'Achille di Lumet (e di Bone Tomahawk) per allestirlo a Minstrel Show degli equivoci da far..impallidire Bamboozled, fra rapinatori neri con cerone bianco e poliziotti bianchi mascherati di nero. Quando il duro Mel Gibson si ritrova a terra inerme, un uomo di colore che avanza verso di lui sollevando lentamente la pistola, sembra che questo debba sibilargli "do you feel lucky, punk?"
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05 Settembre 2018, Lorenzo Meloni
“Dragged across Concrete” di S. Craig Zahler a Venezia 2018
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