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Vampate di inattesa crudeltà. Il cinema di S. Craig Zahler

Per Zahler ogni fotogramma è un raro bene dal valore inestimabile, un dono da non sperperare nell’enunciazione verbosa di ciò che può essere dedotto semplicemente scrutando le figure che si muovono sullo schermo. Parliamo di un cinema che individua il proprio fulcro narrativo nella mostrazione più che nella spiegazione. Una drammaturgia che descrive i personaggi attraverso null’altro che il loro modo di agire e reagire alle continue collisioni con l’esterno. Un’inclinazione che porta le opere di questo regista ad essere sempre orientate ai generi, ed alla loro continua combinazione. Così un western dalla struttura classicheggiante come il suo film d’esordio, viene investito dai connotati gore che hanno segnato l’horror di inizio millennio.

“Dragged across Concrete” di S. Craig Zahler a Venezia 2018

Quest’opera terza fonde ancora una volta studio psicologico e studio d’ambiente nel solco aperto da certi anni ’70: oltre a Lumet insegna Don Siegel, già omaggiato nel titolo del secondo film Brawl in Cell Block 99 che strizza l’occhio a Riot in Cell Block 11; la sua lezione, conflitto fra individuo e contesto, risuona in ogni film di Zahler: antieroi con le mani sporchissime in un mondo ancor più sporco ma che non cessano di incarnare valori e lottare per essi. Dragged across Concrete si può leggere come epilogo di un’ideale “trilogia americana” – un’unica, lenta discesa agli inferi del ventre della nazione.