In un dialogo verso la metà di Dream Scenario (2023), il principale della moglie di Paul Matthews le spiega che, a causa del marito, non può più fare parte del team di punta dello studio che sta progettando un nuovo museo. Paul ha infatti iniziato a comparire nei sogni di milioni di persone, prima semplicemente come innocuo spettatore, poi come colpevole di azioni violente, omicidi e stupri: da curioso fenomeno mediatico diventa un incubo collettivo. "Non sono un fanatico della cancel culture", le dice il superiore, "ma dobbiamo essere cauti".
Una frase chiave che esplicita, rovesciando la cautela del personaggio, il bersaglio di questo terzo film del regista norvegese Kristoffer Borgli, cambiandone così anche le sorti narrative. Da divertita e, fino ad un certo punto, divertente commedia metafiction girata con brio e inventiva, Dream Scenario vira verso l' inquietante incubo distopico causato dal politicamente corretto. Più che Il ladro di orchidee (2002), con cui condivide il protagonista Nicolas Cage sempre alla prese con scrittura e processi evolutivi, la seconda parte del film ricorda gli incubi per l'intrusione nelle vite altrui di Strange Days (1995).
Dopo il successo del precedente Sick of Myself (2022), Dream Scenario segna l'esordio di Borgli in una produzione indipendente americana del talentuoso Ari Aster per A24. Sorprende, tuttavia, come l'unione di menti così non convenzionali abbia dato origine ad un manifesto conservatore travestito da film hip e indie, un'ode all'uomo qualunque americano come non se ne vedevano da tempo e di cui, francamente, non si sentiva troppo la mancanza.
Perché Paul Matthews è proprio questo: "common man" con una bella casa (di proprietà della moglie) in una zona residenziale e con arte delle avanguardie alle pareti, innocuo professore universitario di mezza età che studia l'evoluzione, perennemente superato nella ricerca dai colleghi, talvolta in modo scorretto. Apparentemente è indifferente alla carriera ma, in realtà, ha una gran voglia di pubblicare un libro che gli dia lustro.
Dream Scenario ci porta, fotogramma dopo fotogramma, ad identificarci con Paul contro le ingiustizie che deve subire per aver popolato, senza volerlo, prima i sogni e poi gli incubi delle persone: da amata personalità bizzarra promossa dai social e da start-up di successo a reietto che mantiene solo un cult following proprio in quella Francia madre del post-strutturalismo e della decostruzione.
Significativamente, il titolo del film è proprio quello che Paul avrebbe voluto per il suo libro che invece viene pubblicato, appunto in Francia, con un titolo completamente diverso. Nonostante Paul non sia un uomo affascinante, né particolarmente brillante, il film, anche tramite la performance convincente (quando non troppo tendente al supplichevole) di Nicoolas Cage in un ruolo decisamente inusuale, ci chiede di accettare il suo punto di vista, quasi fosse un ultimo baluardo contro la mercificazione del sogno collettivo americano.
Per combattere le nuove culture wars che originano sul suolo americano (da #metoo a #blacklivesmatter, dall'intersezionalità alla riflessione postcoloniale) ma che, come i sogni con Matthews, hanno eco globale, vengono riutilizzate celebri argomentazione sulla chiusura della mente americana già avanzate negli anni 80 contro il relativismo culturale e il pluralismo.
Sarà un caso che in Dream Scenario ci sia un unico personaggio di colore, il Preside della facoltà, e che, pur essendo in una posizione di relativo potere, abbia tutte le caratteristiche di un Uncle Tom? La diversità etnica e di genere sembra essere associata esclusivamente al lancio pubblicitario di un nuovo strumento per entrare nei sogni degli altri ispirato dalla vicenda di Matthews. Le donne in carriera universitaria sono predatrici di idee, quelle in carriera tout court chiedono di essere molestate.
Certamente, Borgli ha confezionato un film visivamente piacevole e formalmente non banale almeno nella parte iniziale, ma lasciatemi continuare a sognare Nicolas Cage come Ronny Cammareri piuttosto che come Paul Matthews.