Dopo Zanetti Story Simone Scafidi racconta un altro uomo e la sua vita e questa volta l’omaggio è verso colui che con il suo cinema lo ha spinto a divenire regista: Lucio Fulci. Il titolo wellesiano dichiara tutta la particolarità di questo documentario che parte con un taglio di finzione in quanto Nicola Nocella interpreta un attore che si sta preparando ad interpretare Fulci in un biopic diretto da un regista immaginario di nome Saigon. Questo è il pretesto per poi spostarsi sul reale interesse del film: indagare la personalità del compianto autore romano attraverso immagini perlopiù inedite, interviste e (poche) sequenze dal suo cinema.

Il film riesce nell’intento prefissato di sviscerare un po’ quello che è stato l’uomo Lucio Fulci, un uomo che con il suo modo di essere e i suoi racconti, i suoi aneddoti spesso ingigantiti e/o inventati aveva cominciato a costruire quella che poi sarebbe divenuta la sua immagine futura e postuma. Dunque il titolo è quanto mai azzeccato e forse vuole celebrare anche l’amicizia che ci fu tra Welles e Fulci che, a quanto pare, si conobbero sul set di L’uomo, la bestia e la virtù di Steno, dove Fulci fu assistente alla regia. Sono presenti testimonianze di critici, colleghi, amici e, naturalmente, delle figlie: Antonella e Camilla, scomparsa solo qualche mese fa e alla cui memoria il film è dedicato. Quest’ultima è molto più presente e i suoi racconti coprono gran parte dell’opera, mentre Antonella arriva nelle battute finali, ma (a detta dello stesso regista) è grazie a lei che si comprende la vera essenza del padre.

Ne esce il ritratto di un uomo pieno di contraddizioni, una persona complicata che ha sofferto molto, capace di amare a suo modo. Amore e passione che metteva anche nel suo mestiere al punto da non avere quasi il tempo di coltivare altri rapporti. Le emozioni sono tante e trasudano dallo schermo, partendo dalla passione di Scafidi per il cinema di Fulci, continuando con i ricordi d’infanzia, gli aneddoti divertenti e i momenti più difficili come il suicidio della moglie e l’incidente in cui Camilla si fratturò la spina dorsale, ma il tutto è gestito e misurato sapientemente e il risultato è un film appassionante, commovente e delicato.

La proiezione veneziana è stata arricchita dalla presenza in sala di alcuni attori truccati da zombie, l’idea è stata di Michele Romagnoli, colui che scrisse il primo libro che trattava il cinema di Fulci, L’occhio del testimone e che fu nominato dallo stesso suo biografo ufficiale. Simone Scafidi incontrò il cinema di Fulci all’età di 15 anni in una cittadina della provincia piemontese in cui sembrava essere l’unico a conoscerlo e dopo più di 20 anni da quel folgorante incontro con questo gesto d’amore ci regala il primo biopic su Lucio Fulci.