Potenza del montaggio. Ci sono due modi per raccontare ciò che è accaduto fra manifestanti e poliziotti sulle strade di Genova durante il G8 del 2001, ci suggerisce In campo nemico di Fabio Bianchini, ora presentato a Visioni Italiane: una versione redacted presentata in tribunale dall'accusa, secondo la quale decine di manifestanti si erano resi responsabili del reato di devastazione e saccheggio, e una versione uncut pazientemente ricostruita dalla difesa, che ha mostrato una dinamica situazionale più difficile da decifrare, con poliziotti che lanciavano sassi e persone accovacciate a terra mani in alto cui venivano risparmiati i manganelli solo quando gridavano di essere dei giornalisti.
Il mediometraggio ricostruisce una vicenda giudiziaria centrale per l'Italia degli ultimi 20 anni, partita nel 2002 con il sequestro presso il TPO di Bologna dei filmati girati dagli stessi manifestanti, arrivata a una prima sentenza nel 2007, e poi proseguita sino al giudizio finale della Cassazione nel 2012. Nel raccontare la vicenda, Bianchini adotta il punto di vista di SupportoLegale, il gruppo di lavoro nato per iniziativa del network di collettivi Indymedia poco dopo il sequestro iniziale, e poi evolutosi nel corso degli anni in un organismo autonomo. Un manipolo di volontari, sostenuti dal crowdfunding e da un movimento d'opinione esteso, incaricato del compito improbo di trascrivere e catalogare minuziosamente un numero considerevole di ore di girato, per supportare la difesa degli imputati rispetto alla ricostruzione “parziale” della controparte.
Bianchini, che ha vasta esperienza nel mondo della pubblicità e dei videoclip, sa come trovare visivamente una potenza argomentativa, e trova nelle file sterminate di faldoni di un azzurro squillante un simbolo potente dello smisurato lavoro compiuto da uno sparuto gruppo di persone. E sa come mettere in scena un sentimento di rimpianto e ineluttabilità dello spostamento dell'attenzione nel tempo, con imputati e attivisti che ripercorrono malinconicamente i luoghi dove ci fu tanto fermento di ideali. Supportato da Valerio Mastrandrea a declamare passi dal codice penale e dalle sentenze dei processi, e da Zerocalcare a disegnare la furia e la violenza dei momenti di piazza, riesce nell'intento di ricostruire l'impatto di un'esperienza di pratica politica dal basso di forte impatto sugli esiti storici.
Decidendo scientemente di non concentrarsi solo sulla questione dello stato di diritto, ma anche sulla manifesta celebrazione di una delle due parti in causa, In campo nemico rischia come tanto altro cinema militante di polarizzare la sua ricezione: coinvolgendo con passione i già convinti e lasciando interdetti coloro per i quali Carlo Giuliani resta un ragazzo che a volto coperto brandiva un estintore. In tal senso altre opere, documentarie e non, incentrate sui fatti della Diaz e di
Bolzaneto restano probabilmente più persuasive per il comune sentire. Ma la riflessione di Bianchini sull'arbitrarietà della selezione e dell'accostamento di immagini, su come possa distorcere e fuorviare un racconto, colpisce nel segno della dimostrazione sia della potenza della narrazione visiva sia delle infinite possibilità di manipolazione della realtà, con un mood molto contemporaneo.