Tra tanti buoni motivi per volare a (ri)vedere sul grande schermo la versione restaurata de Gli Uccelli di Alfred Hitchcock, ce n’è uno su tutti che sovrasta gli altri, riuscire a cogliere nuovi dettagli o particolari metatestuali che diano una risposta alla domanda inevasa del film: why they do that?
Perché dopo 56 anni e mille diverse interpretazioni date alla trama del film, ciò che il genio di Hitchcock aveva previsto perfettamente continua a verificarsi ad ogni visione, lo spettatore resta incollato allo schermo, incredulo e intrappolato dentro allo svolgimento dell’azione, come gli uccelli in gabbia o Tippi Hedren in “quella” cabina telefonica, tentando di individuare un indizio che possa decifrare l’altrimenti inspiegabile e apparentemente gratuita rivolta dei volatili. Per questo si sono susseguite nel tempo le interpretazioni più variegate del film da quella cosmologica a quella ecologica, suggerita dal video promozionale girato dal regista in cui si alludeva ad una possibile vendetta degli uccelli per i mille torti subiti dagli uomini, passando per quella religiosa (la punizione divina) fino ad un’altra storico-politica (l’allusione al rischio atomico) o a quelle di matrice psicologica e psicanalitica, secondo cui gli uccelli rifletterebbero le tensioni fra i personaggi e la loro invasione rappresenterebbe l’esplosione di desideri sessuali repressi.
Ma tra tutte l’interpretazione più fantasiosa e a dir poco delirante, benché avvincente, è quella, forse meno nota, del teorico queer Lee Edelman, che nel libro No Future: Queer Theory and the Death Drive (2004), espose una personalissima analisi di stampo post lacaniano delle teorie queer in generale e de Gli uccelli in particolare. Essendo Edelman il teorico della rivendicazione gay, in eterna polemica con i movimenti gay Usa e con la retorica futurista addomesticata intorno al desiderio di famiglia etero-normativa, egli se la prendeva con i bambini o meglio con il culto del bambino, onnipotente depositario di tutte le speranze della società. Dal rifiuto della retorica dell’infanzia e della feticizzazione del bambino come portatore di speranza nasceva la sua lettura o, come l’ha definita Claudio Bisoni, mislettura del testo hitchcockiano.
Edelman vide ne Gli Uccelli di Hitchcock semplicemente una espressione della rivendicazione di potenza dei passive, ossia degli stessi animali che già in Psyco erano stati presentati da Norman Bates alla sua futura vittima come vite inorganiche impagliate e decorative, passive. Non a caso, nel film successivo gli uccelli sfuggono al ruolo di passività e diventano fautori di morte. Edelman legge questo movimento aggressivo dei volatili come simbologia della pulsione di morte che punta contro l’ordine sociale. Gli uccelli diventano un sintomo disturbante che colpisce la società degli uomini, la comunità di Bodega Bay. Dunque il significato che Edelman attribuisce agli attacchi degli uccelli contro gli uomini, è che siano diretti alla rete simbolica dell’ordine sociale costituito. Gli uccelli non colpiscono gli uomini, ma la significazione stessa. Proprio per questo i primi attacchi sferrati dagli animali sono rivolti contro i bambini, alla festa di compleanno di Cathy e poi a scuola, due luoghi emblematici della retorica futurista. La festa di compleanno è il rito sociale per eccellenza di celebrazione della feticizzazione del bambino. E infatti gli uccelli assaliranno i bambini con “una aggressività incontenibile e feroce”. Per Edelman gli uccelli portano il fardello della cosiddetta sinthomosessualità ossia “una forza anti-infanzia che nega il futuro” in risposta al familismo dilagante. Questo termine voleva connettere il godimento con l’omosessualità “intesa come figura della mancata produzione di significato in ambito simbolico”. Essi non significano qualcosa d’altro, ma sono essi stessi ciò che produce l’interruzione della significazione, la minaccia al significato.
In questa lettura simbolica gli uccelli da oggetti passivi e inanimati si trasformano in “eroi negativi” che prendono di mira le strutture sociali del significato, dunque i bambini e la sacralizzazione stessa dell’infanzia. Scrive Edelman nel suo saggio “gli uccelli assalgono i bambini con una aggressività incontenibile che riflette e disloca l’aggressività che gli stessi adulti puniscono nei bambini”. E allo stesso modo quando Cathy bendata per la mosca-cieca viene colpita da un gabbiano e crede che sia stato un altro bambino, il film vorrebbe suggerirci “che questi uccelli predatori siano troppo simili ai bambini per poterli amare”. E infine Edelman conclude dicendo che gli uccelli portano allo scoperto l’implacabile aggressività delle pulsioni libidiche che il bambino ha il compito di mascherare e mettono in scena il violento erotismo che sta alla base del “meccanismo compulsivo hitchockiano”.
In definitiva è come se Edelman volesse dirci che lo stile cinematografico di Hitchcock è riconfermato e rafforzato da questo film, poiché consiste proprio nella sua abilità di portare allo scoperto questa “latenza” o queerness “che abita cose che altrimenti passerebbero inosservate: un paio di forbici, una chiave di casa, una corda sospesa”. Nel non dirci il perché gli uccelli lo fanno, Hitchcock ci fa lambiccare il cervello in migliaia di possibili risposte, che come una ossessione in assenza di quella definitiva, prendono il posto di soggetto. Così come gli uccelli, anche il film, contravvenendo alla fondamentale norma del principio motivazionale del cinema classico, rappresenta il disfacimento del significato.