Fin dalle prime inquadrature di Holiday capiamo di non trovarci davanti ad un film vacanziero, anche se tutti i personaggi cercano una via di fuga dalle loro vite materiali. Una breve, quasi surrettizia, inquadratura di una spiaggia ripresa dal basso, senza l’aiuto di droni o intenzioni panoramiche spettacolari, stacca senza tentativi di sutura su dettagli di corpi martoriati, corridoi anonimi dell’albergo Holiday mostrati dalle telecamere di sorveglianza. Ancora dettagli di due corpi, un uomo e una donna, su cui un omicida si è chiaramente accanito.

Siamo all'inizio di un giallo ben orchestrato, in cui storia del delitto e storia dell’indagine si intrecciano. Entrambe sono raccontate dai pedinamenti della macchina da presa dei personaggi: frammenti che mischiano la narrazione del presente, la giornata successiva all’assoluzione dell’adolescente Veronica, ai flashback che ricostruiscono il giorno in cui sua madre viene uccisa insieme all’amante e la ragazza diventa per tutti l’assassina.

Non c’è un ispettore o una voce fuori campo a guidarci nei luoghi e nelle situazioni richiesti dalle convenzioni del genere. Senza un occhio o un commento esterno, la macchina da presa passa dalla scena del crimine nella SPA all’interno dell’albergo della famiglia di Veronica all’aula di tribunale dove si celebra il processo, dal cimitero dove è sepolta la madre agli incontri di Veronica e dell’amica Giada prima dell’omicidio e dopo la scarcerazione, invitandoci a trovare un criterio di ordine logico.

Gli stessi indizi disseminati nel passato e nel presente che potrebbero sembrare chiavi per interpretare il caso, come la blogger che definisce Veronica una Cenerentola, o la felicità di Giada per la scarcerazione dell’amica e l’affetto, con una componente di desiderio fisico, vengono poi filtrati dai punti di vista degli altri personaggi. Le verità che abbiamo appena acquisito diventano costantemente domande.

Tutti i personaggi che si muovono nell’universo di Holiday hanno un elemento respingente e il film lavora consapevolmente per scoraggiare identificazioni da parte del pubblico o l’adozione di un punto di vista privilegiato. Non ci è d’aiuto il sarcasmo del pubblico ministero, né l’umanità paradossale quasi confessata dal carabiniere che interviene sul luogo del delitto. “Non saprei, ma mi ispirò tenerezza”, replica infatti quest’ultimo alla domanda del pubblico ministero se il racconto di Veronica la sera dell’omicidio lo avesse convinto dell’innocenza della ragazza.

Girato lungo le strade impervie e i sottopassi delle ferrovie di una Liguria volutamente aspra e in una Genova poco riconoscibile, Holiday si concentra, come BB e il cormorano (2003) e Padroni di casa (2012), i due precedenti film di Gabriellini, sull’idea di limbo esistenziale, inseguendo i protagonisti nella loro ricerca di sospensione dalla vita e dalle sue responsabilità. In questo l’idea di vacanza come sospensione metaforica è centrale per il film.

I genitori di Veronica sono i primi a volersi prendere una vacanza dalla loro quotidianità e dal matrimonio ormai al capolinea: un progetto che il padre mette in pratica anche fuori di metafora, partendo per un fine settimana in Corsica. Veronica e Giada cercano evasione nel sesso e nelle droghe da un’esistenza che le fa sentire costantemente il peso della loro inadeguatezza. La loro stessa amicizia, tuttavia, sotto la superficie, rinforza la goffaggine, anche fisica, di Veronica, e la subalternità sociale di Giada.

Prodotto da Luca Guadagnino, Holiday è un film che ci costringe, anche grazie alla naturalezza delle interpreti Margherita Corradi e Giorgia Frank, a percorsi non scontati per trovare un’innocenza che continuiamo a cercare in tutti i personaggi.