Un’ordinaria vacanza estiva in Costa Azzurra in famiglia e tra amici, il sole, il caldo, il vento. Anna (Valeria Bruni Tedeschi), come ogni anno, è pronta a partire con Luca (Riccardo Scamarcio), immediatamente dopo aver presentato alla casa di produzione il concept del suo ultimo film, complesso, intimo e terribilmente sofferto. In un bar di Parigi, però, la rivelazione: Luca, bello, giovane e affascinante, ha un’altra. Da qui Anna combatte contro la dura realtà di questo evento: l’accettazione di una separazione e la disgregazione di ogni certezza. Anna, convinta che prima o poi tutto torni al suo posto e che Luca abbia commesso solo un errore passeggero, parte comunque per la Costa Azzurra, raggiungendo la figlia e gli amici.

La maestosa villa arroccata sulla scogliera è quanto di più idilliaco si possa desiderare. Ci si sente a casa, si osservano scorci nascosti, si respira aria di un’estate spensierata. Lo sguardo di Valeria Bruni Tedeschi è attento a mostrarci lo sfarzo della magione di famiglia, quanto si sta bene immersi nel verde all’ombra delle palme e passeggiare a piedi nudi sull’erba accuratamente tagliata, possibilmente con in mano un bicchiere colmo di scotch e ghiaccio.

In contrasto netto con la bellezza del luogo, c’è il peso del distacco che Anna deve sopportare, trovando la famiglia che non è altro che una mera unione di sangue che non costituisce vicinanza affettiva. Una corrispondenza tra l’isolamento spaziale della villa (“Per prendere le sigarette devi andare in paese a circa sei chilometri da qui”) e l’evidente emarginazione che ciascuno dei membri della famiglia subisce l’uno dall’altro. Nessuno e nessun dolore viene mai compreso a fondo e molto spesso un problema viene subito smentito da una sonora risata collettiva davanti a una portata di ossobuco. Non c’è mai stata e non ci sarà mai empatia tra l’estrosa sorella Elena (Valeria Golino) e la madre Louisa (l’immancabile Marisa Borini Bruni Tedeschi), la quale concepisce il tentato stupro ai danni della figlia più fragile come un caso alquanto probabile se non ordinario nell’infanzia di una bambina, e l’aborto un fatto che lenisce la dignità di una donna. E che cosa pensare del matrimonio/farsa tra Elena e il marito Jean, dell’amore simil-adolescenziale tra il cuoco di famiglia e Nathalie, tanto estranea quanto invischiata nelle ambiguità del corso degli eventi? O delle occasionali apparizioni-visioni di Marcello, il fratello di Anna ed Elena, morto in circostanze dolorose (esattamente come Virginio Bruni Tedeschi, scomparso nel 2006) che intima alla sorella di non sviluppare il film che ha in progetto.

E corpi scheggiati dal tempo, mutati in tracce di cellulite e rughe, volgari se paragonati alla giovinezza di una modella in lingerie su un pannello pubblicitario; “Ho provato ad affogare, ma non ci sono riuscito” afferma Bruno, l’amico attore che sparisce (per fuggire?) tra le onde ed essere mestamente dimenticato tra tutti, come se avesse semplicemente lasciato la villa. Una riflessione, dunque, sul corpo che invecchia e sulla morte che lascia indifferenti. “Cos’è la vita senza l’Amore / È come un albero che foglie non ha più” cantava Nada nel 1969, versi che qui Bruni Tedeschi e Golino convertono in inno, in un duetto dove la voce di entrambe fatica ad uscire, è uno sfogo, una confessione tra sorelle ferite dalla vita.

I villeggianti poteva essere una foto di famiglia, uno scorcio del punto di vista di Valeria Bruni Tedeschi (Golino e Scamarcio sono gli amici di una vita, Céline Bruni Garrel è la piccola ma acuta Célia), la maniera per entrare nell’introspezione della regista: l’esito finale è un accumulo di elementi disgregati di cui non viene mai delineata una psicologia vera e propria, ma solo degli opachi archetipi. Comunque, I villeggianti è sincero e onesto: nella chiosa finale, ambigua e letteralmente nebulosa, Anna vuole trovare la felicità, la pretende. La brama, seppure bugiarda e artificiale.