Volendo trovare un denominatore comune nel cinema di Francesco Rosi – per lo meno in quei film che formano il cuore della sua poetica di impegno civile – esso è la rappresentazione del Potere nelle sue varie declinazioni. Questo fin dagli anni Sessanta, quando con una certa ascendenza neorealista esplorava le connessioni tra politica e fenomeni mafiosi in Salvatore Giuliano e Le mani sulla città, per proseguire nel decennio successivo: prima con Uomini contro, un duro pamphlet contro la guerra e l’autorità militare, poi con Il caso Mattei, Lucky Luciano e Cadaveri eccellenti. Il caso Mattei (1972) è il film che finora ha circolato di meno nei vari canali distributivi – per problemi di diritti, spiega Gian Luca Farinelli – tanto che è ancora inedito in home-video, e risplende ora nella magnifica fotografia di Pasqualino De Santis grazie al restauro della Cineteca di Bologna, completato nel 2012 sotto la supervisione dello stesso Rosi.

Il regista ha scelto come protagonista, nel ruolo di Mattei, Gian Maria Volonté, il più grande esempio italiano di attore militante e impegnato, e ha scritto soggetto e sceneggiatura insieme a Tonino Guerra, partendo dal libro L’assassinio di Enrico Mattei di Fulvio Bellini e Alessandro Previdi. Francesco Rosi ha creato infatti un film a tesi, cioè un film che non crede alla versione ufficiale dell’incidente e ipotizza apertamente la tesi dell’omicidio. Alternandosi tra passato e presente, grazie al fluido montaggio di Ruggero Mastroianni, la vicenda segue da una parte l’ascesa professionale di Enrico Mattei, dall’altra le indagini condotte da alcuni giornalisti per scoprire la verità sull’incidente, e collega alla morte dell’imprenditore anche la scomparsa del giornalista Mauro De Mauro che vi stava indagando. L’ingegner Mattei, nel dopoguerra, fu incaricato dallo Stato di liquidare l’Agip, retaggio del regime fascista, e di vendere ai privati l’azienda leader degli idrocarburi. Mattei però non seguì le direttive e riorganizzò l’azienda sotto la guida dello Stato, rifiutando di privatizzarla e fondando l’Eni: creò gasdotti di metano nella Pianura Padana e rinegoziò le concessioni petrolifere con i Paesi del Terzo Mondo, inimicandosi l’oligopolio delle Sette Sorelle. L’imprenditore morì nel 1962 in un misterioso incidente aereo a Bascapè, presso Pavia, insieme al pilota e a un giornalista americano.

Per Rosi non fa molta differenza trattare il gangster Luciano (ancora interpretato da Volonté), inscenare (partendo da Sciascia) quello che Giuseppe Ferrara chiamerà “il golpe strisciante”, o raccontare la vicenda e la morte di Mattei: in tutti e tre i film, il regista usa il cinema per addentrarsi nei gangli del Potere, e lo fa sempre in modo del tutto personale. Perché il suo cinema politico e civile, distanziandosi per esempio dalla spettacolarità di un Damiani, è improntato alla narrazione dei fatti storici nel modo più verista possibile. E proprio con Il caso Mattei lo stile di Rosi raggiunge l’apice del verismo, trasformandosi in una sorta di cinéma vérité, magistralmente unito a una narrazione lucida, serrata, accurata e ricca di pathos. La sceneggiatura affianca infatti a tutta la parte con Volonté (che è comunque quella maggioritaria) le indagini successive alla sua morte, e ritaglia anche uno spazio per lo stesso Rosi, che entra in scena come attore nel ruolo di se stesso: nel ruolo cioè di un regista che sta facendo ricerche sulla vita e la morte di Mattei, creando una sorta di piacevole cortocircuito fra cinema e documentario, in una molteplicità di linguaggi cinematografici; c’è ad esempio anche un discorso di Ferruccio Parri, e gli attori professionisti si affiancano a personaggi nei panni di loro stessi.

Volonté giganteggia col suo solito mimetismo certosino del personaggio – come aveva fatto con Bartolomeo Vanzetti e come farà con Aldo Moro – incarnando una figura di grande spessore e spregiudicatezza imprenditoriale: memorabili i suoi discorsi con politici, petrolieri e giornalisti, dai quali emerge la figura di un industriale illuminato e progressista, con una forte concezione dell’economia statale e un’attenzione non comune ai Paesi del Terzo Mondo. Ed è proprio quell’intenzione di sovvertire il Potere (l’ordine costituito, i poteri forti, come diremmo oggi) che gli sarà fatale, in un intrigo dove gli interessi politici ed economici delle potenze straniere, tramite i servizi segreti, porteranno all’omicidio di Mattei tramite il sabotaggio dell’aereo. Da buon cinéma vérité, lo stile è asciutto e rigoroso, e Il caso Mattei è un film-inchiesta tra i più importanti e riusciti del cinema italiano, nonché tra i più personali di Rosi: la sua forza è dirompente e coraggiosa, e appassiona ancora oggi senza essere invecchiato di una virgola.