La banda di rapinatori di Pike Bishop (William Holden) tenta un colpo all'ufficio ferroviario. I mercenari al soldo della banca li stanno però aspettando in agguato, e non esitano a sparare nella folla pur di colpirli. I cinque soli sopravvissuti, fra cui Pike, riparano in Messico, dopo aver scoperto di essere stati raggirati e che il bottino non ha alcun valore. Qui conoscono il generale Mapache (Emilio Fernández) e i suoi federales, che propongono loro un lavoro molto ben pagato: un assalto al treno che trasporta armi dell'esercito americano, a loro indispensabili per continuare la lotta contro il rivoluzionario Pancho Villa. Gli eventi successivi porteranno a una carneficina.

Uscito nel 1969, Il mucchio selvaggio di Sam Peckinpah è considerato uno dei più grandi western della storia, e un punto di snodo fondamentale nella storia del genere. Combina in maniera del tutto nuova l'epicità del rallenti con la distruttività ansiogena di un montaggio frenetico, ricco di immagini anche di pochi fotogrammi. Cura nel dettaglio i volti e le minuzie dei luoghi, senza nascondere l'influenza di Sergio Leone, e trascura la magniloquenza dei paesaggi, che si manifestano invece nel loro vuotezza e aridità.

Il titolo del film fa riferimento alla banda di Pike, citando la realmente esistita gang di Doolin-Dalton, ma anche all'umanità che popola il film nel suo complesso: un branco di animali che tentano ad ogni costo di sopravvivere ed imporre il proprio interesse su quello degli altri. Nella visione spietata di Peckinpah, la natura bestiale dell'individuo è atavica, precedente alla corruzione della società, seppur da essa condizionata, come mostra da subito in apertura con un gruppo di bambini intenti a divertirsi torturando sadicamente degli insetti. È anche una natura costitutiva e ineliminabile, come si vedrà ancora meglio in Cane di paglia di due anni dopo, nel disvelamento progressivo del quieto professorino di matematica.

Il discorso sull'uomo di Peckinpah non prescinde però dalle situazioni e dal momento storico. Il mucchio selvaggio è in realtà anche un film sulla guerra, in cui si avvertono gli echi del Vietnam: nella rappresentazione di un potere che non ha pietà, che delega il lavoro sporco di uccidere ad altri, ma lo fa con assoluta discrezionalità e tiepidi rimorsi per i malcapitati sulla sua strada; nello sbeffeggio della stupidità e insensatezza umana di fronte alla volontà di potenza e all'ebbrezza di dominare sugli altri, come illustra la scena della mitragliatrice, da antologia; nella riflessione sull'inevitabilità della catena della violenza, dove un solo atto di aggressione conduce al conflitto senza possibilità di scelta, che le parti in gioco lo vogliano oppure no, come mostra la resa dei conti conclusiva.

Dopo uno svolgimento impietoso, Il mucchio selvaggio salva il Mito nel finale, ed è il motivo per il quale può essere ancora considerato un western classico (secondo molti, l'ultimo grande classico assieme a Butch Cassidy, uscito lo stesso anno): se la vecchia suddivisione fra buoni e cattivi è del tutto scomparsa, è però ancora possibile per i protagonisti trovare una redenzione. Si è molto parlato del valore della virile amicizia in questa pellicola, ma non c'è alcuna vicinanza intima fra i componenti della banda di Pike, solo un cameratismo che scioglie ogni tensione personale e interna al gruppo spostando il discorso sulle donne e il sesso. A spingerli al salvataggio finale di uno di loro, è la capacità di quest'ultimo a motivarli a un risveglio morale: per il fatto di aver mostrato una tensione ideale e trascendente, nel voler aiutare la gente del proprio villaggio contro i suoi stessi interessi, e per il fatto di non averli traditi, in una realtà nella quale imbrogliare e rinnegare sono la regola. Sono il ripiegamento nella sfera personale e la mancanza di adesione ad alcun ideale i veri grandi cattivi secondo Peckinpah, e l'eroismo sta nel loro superamento. C'è, in questo, molto dello spirito di quegli anni.