Due nomi, due icone del cinema muto, due donne: Josette Andriot e Musidora. La seconda forse più conosciuta della prima, le due attrici sono le stelle dei film seriali polizieschi dei primi del Novecento. Entrambe, insieme a Pearl White, vivace e spericolata fotoreporter nel serial statunitense The Perils of Pauline, sono il simbolo di una nuova modernità femminile, che si contrappone all’identità di donne regressive come Mary Pickford o Theda Bara.

Josette Andriot viene diretta dal 1910 al 1913 da Victorin-Hippolyte Jasset, l’artefice del rifacimento in chiave cinematografica di feuilleton e romanzi popolari come Nick Carter e Zigomar. Il ciclo di Zigomar (che include quattro lungometraggi: Zigomar, Zigomar roi des voleurs, Zigomar contre Nick Carter e Zigomar peau d’anguille) è il primo esempio di saga che viene a costituirsi per mezzo di riprese successive accumulando un sequel dopo l’altro, un escamotage già di grande successo, chiaramente, nella letteratura seriale. Intrepretando La Rosaria, braccio destro dell’antieroe incappucciato Zigomar, Josette Andriot si cala nei panni di una donna dinamica, energica, che non ha paura di montare su un elefante e scardinare da un muro la cassaforte. Bando alle lacrime e alle smancerie da diva: la donna ridotta al grado zero della femminilità, mera silhouette per mezzo di una tutina aderente che mette in risalto le forme, è al contempo ammaliante e inquieta qualunque personaggio (o spettatore che sia) che incrocia durante il suo cammino.

Lo stesso discorso vale anche per Musidora: ombra nera che si arrampica sui tetti per ostacolare l’operato dell’ispettore Guérande e spalla del Gran Vampiro (capo della banda dei Vampiri), quando non indossa la tuta nera è Irma Vep (anagramma di “Vampire”), un’attrice dei bassifondi parigini, regina delle danze deliranti e ipnotiche, allegoria di una sensualità animalesca. La decadenza, quasi, delle prime danze della Musidora ballerina ai tempi del Bataclan e dei café-chantant. Il ghigno aggressivo di Irma Vep in Le Cryptogramme Rouge di Louis Feuillade terrorizza e confonde, così come stordisce l’incredibile capacità della Vampira di mutare, cambiare forma e personalità, vivere la notte, vivere il giorno.

Trent’anni più tardi Musidora affermerà, tanto per sottolineare la grande diversità di percezione filmica tra il pubblico di allora e quello odierno: “Penso che tra me e il pubblico ci fosse una certa intesa. È un’assassina [Irma Vep], ci si diceva, ma lo fa per divertirci, non per spaventarci. Perché alla fine si rideva…”. Ma se per i surrealisti Musidora/Irma Vep era l’incarnazione delle fantasie oniriche dello spettatore, con tutta onestà, la tuta nera di Musidora e, perché no, quella di Josette Andriot, danno l’impressione di essere la pelle di donne nuove e inedite, pioniere di una femminilità ribelle e indipendente.