In una New York in preda all’agitazione lavorativa, in cui le persone sono solo le loro iniziali ed i loro cognomi, dove gli orari lavorativi sono scanditi in maniera meccanica, così come le operazioni alienanti del lavoro, c’è un certo C. C. Baxter che ha qualità eccezionali. Nessuno sembra notare la passione che mette nel suo lavoro, tutti vogliono da lui solo una cosa. Se, in quegli anni, da una giovane donna bionda, stretta negli abiti che mostrano le sue curve, ci si aspetta, da cliché, che sia una sprovveduta, dal giovane, innocente ed indifeso C. C. Baxter tutti si aspettano un certo favore.

Quella che Billy Wilder, in una delle sue commedie più brillanti, ha raccontato è la storia di un uomo pronto a tutto pur di far carriera e farsi notare. Di solito era più facile vedere una donna interpretare questo tipo di ruolo, ma Wilder preferisce mettere Jack Lemmon, con cui aveva già lavorato in A qualcuno piace caldo. Lemmon è stato la maschera perfetta per Wilder, un attore dalla mimica facciale eccezionale. 

Lemmon ne L’appartamento è affiancato dalla giovane Shirley MacLaine che, dovette confrontarsi con una maschera complessa e diversa da ciò che Hollywood richiedeva da una commedia, ma non troppo diversa da ciò che doveva aspettarsi da Wilder. Infatti “Wilder è il regista più profondamente moralista che Hollywood abbia mai avuto, e Hollywood l’ha sempre trattato con timore […] ogni volta gli ha imposto i suoi finali ideologici e ogni volta Wilder ha risposto facendosene beffe” così Franco La Polla descrive questo regista. Ed è così che tuttora i suoi film riescono ad innescare quei dispositivi tragicomici assolutamente perfetti, facendo ridere e commuovere il pubblico che nel frattempo è inevitabilmente mutato, ma che non pare aver cambiato le reazioni che da questo film Wilder si aspettava innescasse.

Il suicidio non era un tema così amato dalla commedia hollywoodiana e su cui era facile creare gag, o meglio non era facile farlo con le intenzioni di Wilder. Ci avevano provato altri, alcuni più famosi come Frank Capra, ma anche registi meno noti come George Marshall in La mia amica Irma. Wilder però aveva come obiettivo lo sradicamento del perbenismo americano, e attaccava su tutti i fronti il sistema classico, pur restandogli fedele. Così anche se i suoi personaggi durante il corso della narrazione tolgono la maschera, ciò che nel lito fine, ironico e geniale, Wilder attua è un finto smascheramento per mostrare quanto falso sia il cinema. In quell’appartamento, dove Lemmon ha appena gettato la pistola in uno scatolone e poco dopo gioca a carte con la MacLaine, ci sarà mai un vero lieto fine?