Nonostante la sterminata filmografia di Scorsese Quei bravi ragazzi è forse il film più rappresentativo del cinema del regista italoamericano.  Il film è tratto dal romanzo di Nicholas Pileggi Wiseguy (il titolo originale venne modificato poiché si temeva che potesse essere confuso con una omonima serie televisiva del periodo) e segna la prima collaborazione tra Scorsese e Pileggi, che proseguirá poi con il successivo Casinó, tratto da Casino: Love and Honor in Las Vegas.

Ad oggi è giustamente considerato tra le grandi colonne portanti del cinema gangster mondiale, ma quando uscì fu un’opera che si poneva al di fuori degli stilemi tipici del genere.  Non era un’epopea come i grandi gangster movie del passato e al centro delle vicende Scorsese non era interessato a mettere grandi traffici né grandi boss, bensì le vicende personali e umane dei cosiddetti manovali del crimine, persone comuni, coi loro vizi e le loro nevrosi. E tutto ciò scelse di farlo con uno stile vicino al cinema documentario, utilizzando voice over e non curandosi troppo di ellissi temporali e coerenza narrativa.

“La sfida era quella di trovare un’angolazione un po’ diversa da cui osservare questo universo. Di usare uno stile originale. E quindi perché non trattare la storia come se fosse un documentario, un documentario ‘messo in scena’? Come se avessimo seguito quella gente con una 16mm per venti, venticinque anni […]Ci sono troppi personaggi? Si fa fatica a ricordarne i nomi? Ci si perde un po’? Che importa. Quel che importa è l’esplorazione di uno stile di vita”.

Lo stile registico è complesso, studiato e incastrato alla perfezione, nei minimi dettagli e l’impianto sonoro rispecchia la grande cultura e il sopraffino gusto musicale che caratterizza Scorsese: non ci sono partiture originali e la colonna sonora è punteggiata da canzoni di svariato genere e periodo che aiutano lo spettatore a collocare temporalmente le vicende.

Quei bravi ragazzi in qualche modo segna e modifica il modo di fare il cinema gangster. Molto di quel che è venuto dopo è stato influenzato dai goodfellas di Scorsese,  tra tutte la dichiarata ispirazione che spinge David Chase, showrunner de I Soprano a pensare una intera serie televisiva a partire da questa rappresentazione della criminalità organizzata. Il ruolo di protagonista fu pensato proprio per Ray Liotta, ma poi andò a James Gandolfini, ma le ambientazioni sono molto simili e ben 27 attori che recitarono nel film hanno preso parte alla serie.  Questo per sottolineare la totale grandezza dell’opera e la sua attualità.