La molteplicità di soggetti e generi in cui è coinvolto Herman Mankiewicz parla da sola della versatilità del multiforme personaggio, di cui la sezione del Cinema Ritrovato cerca di rendere conto con una varietà di film diversissimi tra loro. Gambe da un milione di dollari, prodotto da Herman e scritto da Joseph Mankiewicz, è una sgangherata farsa sentimentale e sportiva, dove in tutti i campi dell’esistenza regna la mancanza di regole, compreso lo sport, la società, la fisica. La Klopstokia è un immaginario paese dell’Est visto con occhi americani, ma gli stereotipi sono talmente esagerati da sconfinare in un surreale che ha una certa coerenza.

L’esile trama si innesta su una successione di gag dallo sviluppo istantaneo secondo meccanismi di azione-reazione: il venditore di spazzole americano Migg Tweeney incontra l’autoctona Angela e scatta il colpo di fulmine, suggellato da un pestifero cupido in carne e ossa. Angela è la figlia del presidente (W.C. Fields), dedito solo, nonostante l’età, ad allenare i suoi muscoli, con i quali letteralmente (mal)governa uno stato in bancarotta. In questo universo nonsense, le spie accumulano informazioni che non servono a nessuno (esilarante Ben Turpin nella parte dell’uomo misterioso che compare dai luoghi più improbabili) e i cospiratori non sono meno idioti. Secondo il principio dello sfruttamento economico delle proprie risorse, sarà Tweeney l’americano a suggerire agli ignari abitanti come usare a loro vantaggio la forza sovrumana e l’esplosiva agilità caratteristica di tutti i cittadini, equamente distribuita tra uomini e donne (che apparentemente hanno solo un nome, George o Angela), ovvero vincendo medaglie alle Olimpiadi di Los Angeles del 1932. Ma i salti chilometrici e la velocità supersonica non bastano a mettere al riparo questi atleti sprovveduti dalla rete seduttiva e distruttiva dell’esotica femme fatale Mata Machree, chiamata ad agire dai nemici del presidente. Il film raggiunge una sua sbilenca e originale compiutezza proprio nelle sequenze olimpiche, dove le gesta dei klopstokiani sono alternate alle immagini delle reali prodezze sportive degli atleti.

Se Gambe da un milione di dollari è vero e proprio cinema comico ridanciano, Laughter, a dispetto del titolo, è una commedia trattenuta con momenti sia drammatici sia screwball ante-litteram (esce nel 1930), senza la caotica follia degli esemplari successivi. Peggy è una ex-ballerina “sistemata” grazie al matrimonio con il ricco industriale C. Mortimer Gibson, molto più anziano di lei: ma due amanti del passato, il musicista Paul e lo scultore Ralph, fanno ancora parte della sua vita, così come l’esigenza di divertirsi e lanciarsi in frequenti incursioni nella vita bohémienne. Inaspettatamente, anche la figlia di Gibson, quasi coetanea di Peggy, condivide lo stile di vita della matrigna. I crediti della sceneggiatura sono particolarmente lunghi: Harry d’Abbadie d’Arrast, Douglas Z. Doty, Donald Ogden Stewart, Herman Mankiewicz, probabilmente produttore.

Come sottolinea Jonathan Rosenbaum nella scheda del catalogo, è difficile dunque stabilire a chi si devono i dettagli più sorprendenti che punteggiano il film, come il tratteggio affettuoso della protagonista, libertina, spiritosa e malinconica, e della sua relazione con Paul, descritta con inconsueta delicatezza: il film ha cura di sottolineare che la complicità che li unisce è fondata sull’umorismo, il gioco, il divertimento, come emerge dai tanti dialoghi (si veda ad esempio l’intesa musicale tra i due) e soprattutto nella splendida sequenza dell’intrusione nella casa disabitata, tra travestimenti e ribaltamenti di genere. Nonostante questo gioco di coppie, fughe e innamoramenti abbia anche un risvolto tragico, per tutto il film il vivere allegramente e divertendosi è messo in contrapposizione agli agi sfarzosi ma sepolcrali di una vita dedicata all’accumulazione di denaro: e il film e i suoi autori non lasciano dubbi su dove scelgono di posizionarsi.