Un regista italiano, location irlandesi, per una coproduzione di respiro internazionale: Shadows di Carlo Lavagna riecheggia e reinterpreta quello che è ormai un topos del thriller psicologico contemporaneo – con sconfinamenti nel dramma e nell'horror – ovvero dinamiche familiari conflittuali in atmosfere claustrofobiche e minacciose. Solo in territorio italiano potremmo citare i recenti Buio di Emanuela Rossi e The Nest – Il nido di Roberto De Feo, ma allargando il raggio molti altri condividono gli umori di Shadows, da The Others a A Quiet Place – Un posto tranquillo.
Qui una madre e due figlie, Alma e Alex, vivono rifugiate in un hotel abbandonato in mezzo a una foresta, guardinghe e spaventate da un pericolo esterno mortale e imprecisato. Costrette a uscire il meno possibile e solo di notte, anche perché Alma ha un misterioso problema che non le consente di stare in piena luce, si procurano del cibo nei dintorni stando ben attente a non superare il “fiume nero”. Con l'ingresso nell'adolescenza delle due ragazze, la disciplina ferrea e da stato di guerra della madre comincia a cozzare sempre più col loro desiderio di scoperta e autonomia, con la minore Alex incline alla trasgressione e la maggiore Alma in conflitto sulla condotta da tenere.
Carlo Lavagna torna a trattare il tema della crescita adolescenziale, già oggetto del suo primo lungometraggio Arianna, puntando tutto sulle tre interpreti Mia Threapleton (vero e proprio calco della madre Kate Winslet in Creature del cielo), Lola Petticrew e Saskia Reeves, e su interazioni peculiari ma al tempo stesso archetipiche, da Io, Es e Super-Io. Forte di una chiara impostazione internazionale, dopo aver lavorato su cortometraggi d'arte e pubblicità, Lavagna sa bene come muoversi fra le esigenze della spettatorialità globale, coniugando un confortevole sentimento del già visto con una intrigante specificità della propria opera, indispensabile per stagliarsi sulla massa dei prodotti esistenti.
A un aspetto formale curatissimo, per tagli nelle inquadrature, atmosfere e sound design, Shadows affianca una scrittura attenta e ricca di sfumature e, pur sapendo di puntare sull'appeal commerciale di emozioni e vissuti ancestrali, evita accuratamente un'eccessiva stereotipizzazione di personaggi e situazioni – vero rischio di tanti prodotti “locali” nati ambiziosi e presto defunti. Lo stesso scioglimento finale, pur assonante ad altri precedenti illustri (che sarebbe un delitto citare prima della visione), arriva logico ma affatto telefonato, superando brillantemente la prova del fuoco per una pellicola del genere.