Anna Magnani era e sarà sempre Bellissima. Il film diretto da Luchino Visconti sembra esserle cucito addosso; il ruolo di Maddalena pare scritto per esaltare ogni sfumatura del suo modo di porsi davanti la cinepresa. Il lungometraggio la segue mentre cerca di far diventare la figlia una star del cinema attraverso un concorso promosso da Cinecittà; sebbene il continuo rimando ai sacrifici fatti per la figlia e i litigi violenti con il marito potrebbe far pensare a Maddalena come una caricatura della popolana del dopoguerra, la Magnani ‘ripulisce’ il ruolo da ogni tentazione macchiettistica per presentare una donna stanca della propria miseria (economica e affettiva), che cerca di vivere i propri sogni attraverso la figlia e che, dopo i tanti errori commessi, si riscopre una madre amorosa. Potrebbe fallire nel suo intento e il rapporto tossico con il marito – che all’uscita del film nel 1951 non venne naturalmente problematizzato – potrebbe schiacciarla definitivamente in una morsa di bugie e sofferenza. Non ci è dato sapere il suo destino, un antieroe per cui si spera una finale redenzione.

Bellissima è un ritaglio di vita che supera i canoni del neorealismo, quelli che obbligavano la cinepresa e il pubblico a spiare da una porta accostata l’esistenza altrui; la sceneggiatura a sei mani (Suso Cecchi d’Amico e Francesco Rosi oltre allo stesso Luchino Visconti) dà modo a una protagonista femminile di conquistarsi per intero lo spazio scenico, esaltando non tanto la figura materna, quanto la persona che si cela dietro il ruolo di madre. Altro tema cardine è il mondo del cinema: la rappresentazione dei casting di Bellissima non deve essere intesa come una denuncia contro le gravi ingiustizie e i favoritismi di quell’ambiente, ma sembra comunque voler svelare, facendosene gioco, quei piccoli meccanismi del sistema che fanno sì che alcuni trovino solo porte aperte, mentre altri la strada bloccata.

La magia di questo lungometraggio nasce dall’incontro tra Anna Magnani e una sceneggiatura che, se pur lontana dai temi del femminismo, permette all’attrice di presentarsi in scena come una donna che vuole essere libera e che manifesta il proprio diritto a sognare, a desiderare una vita diversa nella consapevolezza che difficilmente potrà averla, salvo scendere a pesanti compromessi.

Silvia D’Amico ha raccontato come, da bambina, sul set di Bellissima insieme alla madre e sceneggiatrice Suso Cecchi d’Amico, abbia visto la Magnani recitare con dei cubetti di ghiaccio in bocca per nascondere la condensa del fiato in una fredda sera di settembre: l’ennesima testimonianza della grandezza di questa antidiva, che ha saputo destreggiarsi tra commedia e dramma, conquistando il cuore dell’Italia e del mondo intero grazie al suo bruciante carisma.