La loquacità di Martin Scorsese è sempre stata inversamente proporzionale alla reticenza di autori come Stanley Kubrick. Non è sorprendente, poiché Scorsese è nato prima come cinefilo e storico del cinema che come cineasta. Non esiste inquadratura che il regista di New York non sappia perfettamente da dove nasce, quale influenza tradisce e quali intenzioni offre. Leggere - tratte da fonti differenti - le spiegazioni tecnico-stilistiche del suo approccio a Toro scatenato è dunque un puro piacere critico. 

 

I match

Ho disegnato tutte le scene di combattimento. Mi ricordo che un giorno Bob mi portò a vedere il suo allenamento per farmi osservare i colpi. Lui era sul ring. A un certo punto distolsi lo sguardo. Bob venne da me e mi disse: "Stai facendo attenzione?", e io risposi: "Sì, sì". E lui continuò: "Guarda che io mi sto ammazzando di fatica, mi lascio mettere al tappeto e lo faccio per te...". Poi risalì sul ring. Ma quello che lui non sapeva era che mi stavo accorgendo di non poter riprendere tutto questo frontalmente, in modo neutro, perché non avrebbe dato l'effetto giusto. Mi dicevo: "Bisogna riprendere il combattimento dall'interno del ring. Bisogna girare in maniera molto dettagliata, molto elaborata". Lui poteva mostrarmi tutti i colpi che voleva, non avrebbe cambiato niente. Aveva ripreso quelle sedute di allenamento con una videocamera perché potessi rivederle molte volte e disegnare le scene più facilmente. Quei filmati mi mostravano un grande impiego di energia fisica, ma niente di più, e non potevo dirglielo. Ciò che mi colpì quel giorno fu l'enormità del compito che mi attendeva se volevo disegnare il film: non dico farlo, ma disegnarlo, disegnare le singole scene di combattimento. Girammo prima quelle, per dieci settimane; il resto delle scene, con gli attori, durò altre dieci settimane. Quelle furono toste, ma erano riprese normali, con problemi che mi aspettavo. Per le sequenze dei combattimenti, invece, io e Michael Chapman, l'operatore, trovavamo ogni giorno enormi difficoltà per sistemare fisicamente le macchine in modo da ottenere le inquadrature che volevamo. Inoltre dovevamo fare attenzione al fisico di Bob, per quanto riguardava la durata giornaliera delle riprese, ma devo dire che sul ring aveva un'energia straordinaria. Le riprese delle sequenze di combattimento equivalevano a quelle di dieci film messi insieme.


La scelta del bianco e nero

In quel periodo erano usciti molti film sul mondo della boxe: Rocky II, che era un film di cassetta con colori vivaci, rossi e blu intensi, Ma che sei tutta matta?The Champ, persino un film su un canguro pugile di nome Matilda! Ovviamente erano tutti a colori. Ma l'unica scena a colori di un combattimento che mi abbia veramente colpito è il flashback in Un uomo tranquillo di John Ford, quando Wayne guarda a terra e capisce di aver ucciso il suo avversario: non dimenticherò mai lo splendente verde smeraldo dei suoi pantaloncini.

Qualunque cosa sia stata detta in seguito, non ho neppure fatto caso alla frase iniziale di Jake: "Quando penso al passato, mi sembra di guardare un vecchio film in bianco e nero". Le mie ragioni per girare in bianco e nero non c'entrano nulla con questa citazione. Mentre stavamo guardando le riprese girate in 8mm di Bobby che si allenava, sono rimasto colpito da un'osservazione di Michael Powell: "Ma i guantoni sono rossi!". Sì, Michael Powell, l'uomo di Scarpette rosse! Oggi i pugili hanno guantoni e calzoncini colorati, ma i nostri ricordi della boxe anni Quaranta sono in bianco e nero, come i cinegiornali e le foto di allora. Powell aveva ragione. Lei sa anche quanto mi preoccupa l'instabilità e l'alterazione della pellicola a colori. Ultimo argomento: molti film sulla boxe erano in preparazione: Il campioneRocky IIMa che sei tutta matta?Uppercut. Volevo che Toro scatenato fosse visivamente molto diverso e facesse pensare, se si volesse cercare un punto di riferimento, al lavoro stupendo del direttore della fotografia James Wong Howe per Piombo rovente.

 

Suoni, silenzi, musiche

Il lavoro sul sonoro di Toro scatenato fu molto difficile perché ogni colpo, ogni scatto di macchina fotografica, ogni rumore di flash era diverso dall'altro. Gli effetti sonori vennero curati da Frank Warner, che aveva lavorato in Incontri ravvicinati del terzo tipo Taxi Driver. Aveva usato, tra gli altri, i rumori di colpi di fucile e di angurie che si rompevano, ma non ci disse mai come aveva realizzato gran parte degli effetti; arrivò al punto da distruggere i nastri degli effetti al termine della realizzazione del film, in modo che nessun altro potesse utilizzarli. Le scene degli incontri furono realizzate in dolby stereo, mentre i dialoghi furono registrati normalmente, e questo causò qualche problema. Avevamo programmato circa otto settimane per il missaggio, ma io pensavo ce ne sarebbero volute il doppio. Era un lavoro molto complicato, perché ogni combattimento doveva avere degli effetti particolari.

In alcuni momenti decidemmo di togliere completamente il suono, e questa fu un'ottima idea. Non c'era che il silenzio, poi il colpo partiva e, tum! In un certo senso era come comporre musica, per questo impiegammo più del dovuto. Per la musica che si sente nel film, utilizzai le canzoni della mia giovinezza, prendendole dalla mia collezione di 78 giri. Ogni scena si riferisce a una data precisa e le canzoni che si sentono sullo sfondo sono esattamente le canzoni che la radio trasmetteva in quel periodo. Nel corso del missaggio, riuscii anche a mettere in evidenza alcune parti dei testi che mi piacevano negli intervalli tra i dialoghi.

 

Home movie e ralenti

Jake aveva girato i suoi home-movie in 16mm. Un 16mm, negli anni Quaranta! Doveva essere ricco! In Mean Streets avevo solo un 8mm, le famiglie modeste dovevano accontentarsi di quel formato. Abbiamo girato di nuovo gli spezzoni di film di Jake con una Éclair. Non è stato facile perché i negativi originali erano molto scuri e a volte erano lunghi solo tre o quattro piedi! L'esperto di Technicolor ha fatto miracoli, desaturando i colori, spingendosi fino a fissare il colore nel punto della perforazione, come nella scena del matrimonio sulla terrazza del Bronx.


Le citazioni di Martin Scorsese sono tratte da: 

Ian Christie e David Thompson (a cura di), Scorsese secondo Scorsese, Ubulibri, 1991
Martin Scorsese. Conversazioni con Michael Henry Wilson
, Rizzoli, 2006
Martin Scorsese (con Richard Schickel), Conversazioni su di me e tutto il resto, Bompiani, 2011