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Intervista a Cecilia Mangini
Prima della proiezione del restaurato Essere donne abbiamo avuto l’opportunità di intervistare, la prima documentarista donna italiana, Cecilia Mangini. Il suo documentario, opera ostacolata dal clima politico dell’epoca, è tuttora una delle opere più importanti realizzate sulle condizioni di vita delle figure femminili negli anni Sessanta e alcuni aspetti sono più attuali di quanto si possa immaginare. Cecilia Mangini ha voluto iniziare l’intervista dicendo qualcosa ai giovani aspiranti registi e amanti di cinema presenti, e non, per filmarla. “Ho una dichiarazione da fare. Quando volevo fare cinema, sapevo di una scuola a Roma molto prestigiosa, una bella mattina, all’epoca vivevo a Firenze, ho preso il tram e sono arrivata fin là. Sono poi andata all’ufficio informazione e ho detto: ‘ditemi tutto quello che serve, qui da voi, per diventare regista’. Mi hanno guardata sbalorditi e hanno risposto: ‘no, impossibile. Le donne non possono fare regia’.
“Essere donne” di Cecilia Mangini. Storia di un boicottaggio
Il documentario Essere donne (1965), girato da Cecilia Mangini è stato all’epoca ingiustamente boicottato dagli stessi produttori e registi che facevano parte della Commissione ministeriale che decideva delle sorti dei medio e cortometraggi che accompagnavano la programmazione dei film nelle sale. Non ottenere l’appoggio degli esercenti e neppure il premio di qualità, significava negare una vita sullo schermo al proprio film. Era un modo subdolo per censurare indirettamente quei documentari che affrontavano argomenti scomodi che il governo non desiderava far arrivare al pubblico. La documentazione conservata nell’Archivio di Cecilia Mangini e Lino Del Fra aiuta a capire le ragioni della sua ‘bocciatura’.
“Essere donne” di Cecilia Mangini e lo sguardo incessante
Dopo la prima documentazione sulle donne e l’antico rituale del pianto funebre in lingua grika del Salento in Stendalì e il film di montaggio All’armi siam fascisti diretto insieme a Lino Del Fra e Lino Miccichè, il desiderio della Mangini di denuncia è inarrestabile. Infatti Essere donne non esaudì le aspettative delle aziende che le avevano permesso di intervistare le operaie nelle loro fabbriche, né quelle di chi lo aveva commissionato. Come ha successivamente scritto la regista: “La fabbrica è un feudo privatissimo e anche un luogo incontaminato dove non sono entrati né cinema, né televisione, l’accesso è per i cinegiornali che si fermano davanti ai nastri inaugurali tagliati da sua eccellenza o da sua eminenza […]”.