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“Memoria” e la persistenza dell’essere
Con Memoria il regista thailandese sonda il tempo e l’esistenza attraverso il superamento della realtà e dell’immagine stessa, trasformando il suono in esperienza visiva. Lo spettatore è trascinato in un placido viaggio nel controcampo del percepibile e il film sembra quasi nutrirsi del suo sguardo. Viene chiamato a indagare e ancor più a trovare appigli nascosti tra i suoi fantasmi e dietro le sue ombre, fino a rintracciare storie e percorsi non visibili. I ritmi si dilatano e le inquadrature si allungano, riflettendo sui misteri dell’immagine e sulla sua persistenza, che si congiunge con quella della memoria.
“Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti” e ci ricorda di prenderla con calma
Nel maggio del 2010 la giuria del festival di Cannes, presieduta da Tim Burton, conferì la Palma d’oro per il miglior film a Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti del regista thailandese Apichatpong Weerasethakul. Dieci anni dopo, orfani del festival a causa della pandemia, ci concediamo il lusso di sottoporre la pellicola ad una prima importante prova del tempo, e al confronto altrettanto significativo con le fortune successive delle altre opere che condivisero il concorso di quell’anno. Quali ricordiamo? Di certo lo struggente Poetry di Lee Chang-dong, il senile Another Year di Mike Leigh, ma anche il disperato Biutiful di Alejandro González Iñárritu. E Boonmee?