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“Comizi d’amore” e Pasolini poeta viaggiatore

Con Comizi d’amore l’Italia incappa “nell’intelaiatura PPP”: politica, pellicola, poesia. Spinto a tentare le forme espressive con una voracità capace di regnare anche sul favoloso mondo della celluloide, il poeta “corsaro” si ispira al documentario dell’antropologo Jean Rouch e del sociologo Edgar Morin, Chronique d’un été. Un’indagine, la loro, sulla concezione della felicità nei quotidiani parigini, un modo quello di Pasolini per spiare, invece, il cupo conformismo della borghesia italiana che si manifesta con riposte vuote: l’ignoranza per paura. Di questo, egli sa. Ha prove e indizi.

“Comizi d’amore” e i corpi della società italiana

Comizi d’amore viene girato nel 1964 e rivederlo oggi crea uno strano effetto. Certo oggi chiunque può armarsi di videocamera e microfono e girare per spiagge, lidi, città, università interrogando giovani e adulti su questioni quali identità, normalità\anormalità e divorzio. Ma negli anni della cosiddetta mutazione antropologica quest’inchiesta aveva un’importanza oltre che politica diremmo quasi esistenziale: fondamentale perché compiuta in un momento storico spartiacque, dopo il quale nulla sarebbe stato come era prima. Pasolini diceva che agli inizi di questa crisi i corpi innocenti venivano visti come l’ultimo baluardo di realtà, concetto che va letto in opposizione a quello di irrealtà, incarnato dalla cultura di massa e dai mass media. Ora invece anche la realtà di questi corpi puri è stata manomessa dal potere consumistico.