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“Pieces of a Woman” e lo sguardo dalla stanza accanto

Le riflessioni etiche e morali sembrano tutt’altro che sviscerate, sono piuttosto messe in secondo piano. Pieces of a Woman è certamente un film sul lutto, sulla maternità, sulla famiglia, sul rapporto tra giustizia legale e giustizia morale, tra responsabilità individuali e collettive, ma allo stesso tempo è un film che – tanto per amor di anti-retorica quanto, forse, per mancanza di coraggio – decide di non prendere delle nette posizioni. Potrebbe risultare un approccio disonesto, spaventato; ma non si può negare che abbia il merito di suggerire un’altra variazione del cinema di Mundruczó, una deviazione rispetto alla tipica tendenza, non sempre calibratissima, di polarizzare i suoi racconti con enfasi retorica ed emotiva. 

“Pieces of a Woman” a Venezia 2020

In un’edizione del festival cinematografico più antico del mondo che ancora una volta si mostra particolarmente interessato alla rappresentazione di figure femminili (privilegiando quest’anno anche lo sguardo autoriale delle donne, con otto registe inserite nella selezione principale), il cineasta ungherese Kornél Mundruczó si inserisce nell’ampio coro di voci in una maniera non del tutto dissonante, ma di certo dirompente nella sua carica espressiva. Il dolore di una giovane madre che si trova a dover affrontare il più lacerante dei lutti, trovandosi ad assistere inerme alla tragedia della vita che abbandona la figlia appena data al mondo, si trasforma nel materiale narrativo su cui impostare un lento e graduale percorso di autodeterminazione.