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“Enea” che prima afferma e poi nega se stesso

Castellitto, insieme ad altri come i fratelli D’Innoncenzo, sembra che stia mettendo in pratica delle prove, procedendo in modo empirico, affermando e poi negando, prima a sé stesso, poi a noi, chiedendoci qualcosa in più, di seguirlo, di andare oltre. Dovremmo capire però – lo capiremo sicuramente in futuro – se questi tentativi porteranno da qualche parte o se saranno proprio la cifra stessa di questi lavori all’insegna di un cinema digitale frammentato.

“Enea” che afferma e poi nega se stesso

Castellitto, insieme ad altri come i fratelli D’Innoncenzo, sembra che stia mettendo in pratica delle prove, procedendo in modo empirico, affermando e poi negando, prima a sé stesso, poi a noi, chiedendoci qualcosa in più, di seguirlo, di andare oltre. Dovremmo capire però – lo capiremo sicuramente in futuro – se questi tentativi porteranno da qualche parte o se saranno proprio la cifra stessa di questi lavori all’insegna di un cinema digitale frammentato.

“I predatori” e l’endoscopia del malumore

Ne I predatori tutto è regola e principio dello stesso gioco manipolatorio, qualsiasi dinamica sovvertita, qualsiasi imprevisto narrativo o colpo di scena è sintomo di farsa e misura di tragedia, nel segno di un cinema costruito sulle aderenze e sulle abiure, sulle promesse e sull’inganno. Pietro Castellitto, premiato per la sceneggiatura in Orizzonti all’ultima Mostra del cinema di Venezia, si accomoda su personaggi carichi di esasperazioni e slargature, come esige la caratterizzazione canonica del “tipo”, e poi li riempie di cortocircuiti e anomalie, così che le nostre aspettative nei loro confronti trovino a volte conferme e a volte smentite.