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Amarsi in francese contro “La morte in diretta”

Trattato generalmente come un film “fantaetico” o “fantapolitico” per l’ambientazione in un futuro distopico, La morte in diretta riafferma la capacità del cinema di produrre storie e immagini di poesia che ci fanno prendere coscienza dei nostri sentimenti e dei valori per cui vivere. Tutto ne La morte in diretta parla di cinema, produzione dell’immagine, sogni e creazione artistica. Lo stesso lavoro della protagonista, programmatrice di romanzi di successo, ha a che fare con la morte della fantasia nella Glasgow distopica del film: Katherine non crea, ma imposta solo dei parametri per la creazione di storie da parte del computer attraverso un repertorio di storie già raccontate. “Siamo davvero così stanchi per inventare le nostre storie?”, si chiede Katherine in un momento di frustrazione artistica.

Bertrand Tavernier. Il cinema e molto altro

L’interesse per la cultura americana permea l’opera di Tavernier anche come critico cinematografico, oltre che nell’ispirazione e negli stilemi narrativi del regista. Nato nel 1941, prima del suo debutto ufficiale a 33 anni con L’orologiaio di Saint Paul (1974) da Simenon, Tavernier è stato addetto stampa e critico cinematografico, attività quest’ultima che ha portato avanti parallelamente alla sua lunga carriera di regista. Tavernier condivide lo sforzo dei Cahiers per recuperare gli autori americani sottovalutati o considerati di serie B, come Ford, Daves, Walsh, ma rifiuta di farlo svalutando cineasti francesi di derivazione più letteraria come Autant-Lara, Sautet e Jean Aurenche.