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“Velluto blu”, incubi in festa a Lumberton

Con Velluto blu, Lynch inizia a creare una mitologia visionaria che annienta il costrutto logico della storia, esasperata da ossessive ripetizioni acustiche, crepitii e ruggiti, e sovralimentata dalle canzoni di Angelo Baladamenti che ricoprono la dimensione ossessiva e ironica del sogno della patina illusoria proveniente da un tempo perduto: basti pensare a In Dreams, eseguita in playback dallo scagnozzo del villain in una sequenza felliniana di grande effetto. Cinema di dettaglio e d’atmosfera, Velluto Blu astrae e decompone la materia narrativa, saltellando dal ripetitivo e stucchevole sogno americano all’incubo di provincia, uniche coordinate per un’esplorazione nei recessi dei Mysteries of love (and death) della cittadina del legno, prima che Twin Peaks ne raccolga l’eredità oscura.

“Velluto blu” e il cinema americano anni ’80

Sono passati trent’anni dall’uscita di Velluto blu e il ricordo del film non si appanna di certo. Proposto nella retrospettiva sugli anni ’80 della Cineteca di Bologna, il capolavoro di Lynch è stato omaggiato di recente anche dal Nightmare Film Festival di Ravenna. Per l’occasione, Roy Menarini ha scritto questo saggio, che qui riproponiamo integralmente.