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“Il posto” e il destino straniante degli inclusi

Svuotamento delle campagne, intensa urbanizzazione delle città, sviluppo repentino di Milano come grande polo produttivo: se Rocco e i suoi fratelli, dell’anno precedente, ci narra quel periodo dalla parte degli esclusi, Il posto riflette sul destino quasi altrettanto straniante degli inclusi. Racconta di un passaggio storico ormai sedimentato e di uno stupore nel quale stentiamo a riconoscerci, quello della fascinazione sgomenta per un nuovo mondo luccicante e troppo grande, dove l’acquisto di un caffè al bar è ancora qualcosa di emozionante e in grado di far sentire persone di una certa importanza. Olmi fa posare lo sguardo di Domenico, abituato a dormire in una piccola brandina in cucina, su magniloquenti edifici di design, lunghi corridoi dalle mille porte chiuse, grandi stanze composte con precisione geometrica: strutture più forti delle persone.

Ermanno Olmi, Vittorio Taviani e il cinema fino alla fine

La cosa più commovente è che Vittorio Taviani e Ermanno Olmi hanno lavorato finché hanno potuto. Molti cineasti se ne vanno con l’amarezza di non aver trovato i fondi per il film al quale più tenevano (a proposito: la sceneggiatura mai messa in scena de Il sergente nella neve, scritta con Mario Rigoni Stern, è lì a ricordarci il cruccio di Olmi) o semplicemente per dare vita ad un ultimo spettacolo. Pensiamo alle pensioni forzate di Federico Fellini, Billy Wilder o David Lean. Già provati, Taviani e Olmi, invece, hanno avuto la fortuna – e l’affettuosa complicità di amici produttori – di congedarsi poco dopo le ultime esperienze di lavoro. E curiosamente i loro ultimi film di finzione toccano entrambi la guerra, vista da ragazzini e ripensata da anziani, come a voler chiudere un cerchio su un tema caro: pensiamo giusto a due grandi successi come La notte di San Lorenzo o Il mestiere delle armi.

“Scuola in mezzo al mare” a Visioni Italiane 2018

Scuola in mezzo al mare è un’associazione nata a Stromboli nel 2011 per sviluppare una rete di solidarietà sociale a sostegno dell’istruzione e della socializzazione. Poiché la scuola pubblica è l’unica agenzia formativa presente sull’isola ma al contempo non vi sono insegnanti residenti, un gruppo di volontari dedica del tempo all’educazione dei bambini isolani, che non hanno altre possibilità di trascorrere le giornate se non esplorando un territorio vuoto d’inverno e sovraffollato d’estate. Per superare i limiti imposti dall’isolamento, le mamme si prendono carico di una situazione dominata dalle forze della natura: basta un mare agitato per impedire l’arrivo dell’aliscafo – e quindi l’emarginazione – e la quotidianità stromboliana è qualcosa quasi d’inspiegabile a coloro che non vivono in quella terra sormontata dal vulcano.