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“Dogville” e la paura di essere umani
Von Trier, con il suo solito sguardo spietato, cinico, e privo di ogni buonismo edulcorante, mette lo spettatore davanti ad uno specchio, spogliandolo di ogni parvenza di bontà, per ricondurlo alla violenza originaria che contraddistingue ogni essere umano. La presenza di Grace diventa un catalizzatore per mettere a nudo la natura dell’uomo, le sue contraddizioni, le sue luci e le sue ombre. Attraverso la purezza di Grace, von Trier ci mette davanti alla paura che abbiamo di essere umani.
“Queer” speciale II – Ectoplasmi d’amore
L’ayahuasca diventa l’espediente narrativo per superare quella rete che separa, per denudare i cuori, attraverso una danza a due, dove i corpi si compenetrano a vicenda in distorsioni surreali, distruggendo le barriere, le difese, i muri, che impedivano l’intimità emotiva. Quell’intimità che ci porta ad arrenderci all’altro e che Guadagnino, in Chiamami col tuo nome, con sguardo pudico, manteneva segreta spostando la telecamera verso una finestra, un albero, un paesaggio.
“The Shrouds” speciale I – L’enigma dell’altro
The Shrouds si oppone alla narrazione esplicativa, didascalica e rassicurante, fatta di continui colpi di scena, della serialità mainstream contemporanea, per portare lo spettatore in un viaggio sospeso, in cui realtà e finzione si compenetrano a vicenda. Non vi è soluzione, spiegazione, o risoluzione, ma un eccitante stordimento che risulterà familiare a chi conosce bene la filmografia perturbante di questo grande maestro del cinema.
“Diciannove” apoteosi del narcisismo
Seppur sia evidente la capacità del giovane cineasta nel restituire l’aspetto tattile, olfattivo, quindi sensoriale della realtà (come il miglior Guadagnino) attraverso un utilizzo molto concreto degli spazi, dei luoghi, degli oggetti con cui il protagonista si relaziona, il tutto risulta stilisticamente pomposo, ma del resto appropriato alla personalità di Leonardo, alter ego del regista.
“L’uomo di argilla” e l’incantesimo dell’arte
“Non è un pensatore, è un sognatore”: così viene descritta la scultura, testimone dell’incontro erotico tra la materia e l’artista. Bisogna permettersi di sognare per fare l’amore con un letto vuoto; per essere adolescenti a sessant’anni; per sentire lo stomaco che si stringe, che si contorce; per darsi nelle mani dell’altro e farsi toccare, modellare, scolpire, sporcare, scoprire. Per poter amare, creare vivere, desiderare, abbiamo il dovere di sognare e di esplorare paesaggi “mutevoli e accidentati”.
“L’uomo nel bosco” speciale I – La forza del desiderio
Come nel precedente, Lo sconosciuto del lago (2013), il bosco si fa custode dei segreti, delle pulsioni vitali e mortifere dei personaggi. I rappresentanti dell’ordine costituito vagano in cerca di risposte, occultate da una natura complice dei più atroci delitti. Bisogna morire e lasciarsi morire per poter rinascere, come i simpatici funghi che gli abitanti raccolgono incessantemente, unici testimoni, rivelatori di morte, ma simboli di vita e di trasformazione.