Davide De Marco
“April” e la ferocia imperturbabile del patriarcato
Dea Kulumbegashvili articola un film stratificato, sotto certi aspetti criptico, testimone di una violenza brutale e disumanizzante. Con la calma del serial killer conduce lo sguardo del pubblico dove altrimenti non lo poserebbe, senza la minima paura della complessità. Il merito di April infatti è proprio quello di non accettare compromessi, di seguire la sua strada pur rischiando di non farsi comprendere, accogliendo la responsabilità di dare voce a chi non ha né la possibilità né il diritto di esprimersi.
“Broken Rage” e il trasformismo di Takeshi Kitano
In Broken Rage Kitano gioca col suo alter ego, con la sua espressione minacciosa, trasformandola nel suo opposto, quella di un anziano che sente su di sé il fardello dell’età. Vederlo stramazzare al suolo in più occasioni ha un effetto quasi struggente, è l’umiliazione di un uomo che ha suscitato emozioni fortissime in film come Sonatine o Hana-bi. Ma fa tutto parte del piano: Kitano è allergico alle etichette, intollerante a qualunque tipo di definizione.