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“Il mistero scorre sul fiume” rarefatto e sfuggente

Presentato nella sezione Un Certain Regard di Cannes 2024, Il mistero scorre sul fiume di Wei Shujun è un giallo inusuale, un noir rarefatto e sfuggente. Il titolo scelto dalla distribuzione italiana strizza l’occhio al classico di Laughton col quale si potrebbero tessere interessanti parallelismi. In realtà il titolo originale è lo stesso del racconto da cui il film è tratto, ovvero Errore in riva al fiume di Yu Hua, uno dei più importanti scrittori cinesi.

Il cinema giocoso di Stephanie Rothman

Tra l’horror e il cinema d’exploitation Stephanie Rothman è stata una delle pochissime registe donne a riuscire a ritagliarsi uno spazio nel mainstream americano, trovando anche una certa indipendenza e autonomia nella direzione dei propri film. Con una formazione da sociologa (si è laureata in sociologia a Berkeley) e una predilezione per i film a basso costo, Rothman è riuscita a delineare all’interno del genere uno stile del tutto unico e originale.

“Omicidio a luci rosse” e il mondo di cartapesta di Hollywood

Omicidio a luci rosse ha il potere di guadagnare fascino a ogni visione, come quando si ripercorre un proprio sogno trovando attraenti immagini o simboli che prima apparivano privi di significato.. È l’andatura spezzettata e caotica del sogno a definire la parabola narrativa di Jake, in viaggio attraverso l’immenso parco divertimenti hollywoodiano. Un mondo di cartapesta dove il confine tra reale e artificiale svanisce in una dissolvenza incrociata.

“Carrie” e il potere dello sguardo

Tra l’horror e il teen movie, il primo film tratto da un romanzo di Stephen King ha il fascino del cult e un magnetismo capace di tenere col fiato sospeso intere generazioni di spettatori. Un cinema barocco, pieno di virtuosismi, a cui si ibrida una trascinante capacità di raccontare e rapire. Un’opera dove l’erotismo è palpabile, dove il rosso del sangue significa sessualità, maturazione, ma anche morte e dolore. Un film che sconvolge, ma dotato di una travolgente ironia macabra.

“Kinds of Kindness” speciale II – L’inconscio tumultuoso della società

I personaggi di Lanthimos non sono padroni delle proprie azioni, sono schiavi delle loro angosce che li perseguitano anche nell’intimità dell’atto sessuale, rappresentato dal regista sempre come un momento disturbante in cui si esercita un rapporto di potere. Se è vero che l’arte è espressione dell’inconscio tumultuoso della società in un dato momento storico, allora si può dire che Kinds of Kindness sia il riflesso spaventoso del presente, un incubo in cui prendono forma le nostre paure più grandi.

“Il giardino delle vergini suicide” e l’adolescenza come soggettività

Ad essere in gioco è la dimensione della scelta che è negata alle protagoniste, rinchiuse in casa come la Priscilla dell’ultimo film della regista. Una scelta legata non solo alla condizione adolescenziale, ma anche, e forse soprattutto, ad una questione di genere. I personaggi di Coppola sono quasi sempre figure femminili che agiscono per raggiungere una liberazione sia fisica che spirituale.

“Confidenza” inusuale per il cinema italiano

Con Confidenza Luchetti realizza un quadro accurato della meschinità umana, di quella condizione che contraddistingue il panorama piccolo borghese italiano, tanto dal punto di vista psicologico quanto da quello sociale. Allo stesso tempo costruisce un’opera inusuale per il cinema italiano contemporaneo, regalando al pubblico un film complesso, quasi sperimentale, soprattutto dal punto di vista estetico.

“Another End” in cerca di filosofia

Il secondo film di Piero Messina riflette nuovamente sul tema della perdita, sulla condizione universale del dolore nel momento in cui si perde una persona cara. Il mondo costruito in Another end è composto principalmente da individui fragili, incapaci di gestire la sofferenza, terrorizzati dal fronteggiare le proprie emozioni che li investono e li lasciano inermi. Così Sal precipita nell’inazione, nel vuoto proprio di chi non ha più niente per cui vivere, come se il senso della sua esistenza fosse interamente racchiuso in Zoe.

 

“La terra promessa” e i cowboy dello Jutland

In La terra promessa lo sguardo proiettato sulla storia è infuso da una mentalità profondamente moderna. Il titolo originale, Bastarden, è la chiave di lettura per comprendere la sfumatura che Arcel assegna al film. L’obiettivo principale, infatti, sembra quello di mostrare la possibilità di una famiglia fondata unicamente sull’amore e non necessariamente dai legami di sangue. In un momento storico in cui siamo costretti ad affrontare teorie che rilanciano presunti valori tradizionali, Arcel ci ricorda che a stabilire i legami tra gli individui è lo scegliersi reciprocamente.

“Drive-Away Dolls” Speciale II – B Movie a tinte queer

Drive-Away Dolls è il primo film di finzione di Ethan Coen senza il fratello Joel e mostra chiaramente come il suo apporto decisivo alla loro filmografia fosse soprattutto la tensione ironica, elemento imprescindibile di tutta la loro opera. Non a caso il primo film da solista di Joel, Macbeth, ne è completamente privo, modellato da un rigore formale estremo e a tratti legnoso. Nella separazione fisica dei due fratelli c’è anche una scissione estetica che rivela come le loro tematiche siano complementari e necessitino l’uno dell’altra.

“Dune – Parte due” Speciale I – Il pessimismo spettacolare

Le prime due parti di Dune sono caratterizzate da una disillusione pirotecnica, un pessimismo spettacolare che unisce gli effetti speciali da blockbuster ad un aura contemplativa e riflessiva aleggiante su un mondo allo sbaraglio. In tal senso il deserto di Arrakis, che potrebbe essere il nostro pianeta in un futuro sempre più prossimo, è uno spazio psichico, un teatro inconscio in cui possono trovare manifestazione ansie e angosce di un presente svuotato di prospettive e speranze.

“Il male non esiste” nel mondo senza redenzione

Con Il male non esiste Hamaguchi dimostra un’enorme maturità espressiva che si declina in una gestione eccellente del mezzo cinematografico e in una grandissima capacità di raccontare offrendo allo spettatore il minimo indispensabile. I dettagli, il taglio delle inquadrature, ogni elemento va al suo posto facendo apparire semplice la complessità soverchiante di questo mondo e componendo un’opera tanto suggestiva quanto rassegnata in cui non sembra esserci possibilità di redenzione, né di salvezza.

“Mur” e la denuncia senza grida

Mur è un film che ha la forza di denunciare senza il bisogno di gridare, le immagini sono chiare e non servono troppe chiarificazioni. Così la camera scorre sui militari disposti al confine, sulle tecnologie repressive tra droni e telecamere termiche e si resta impressionati di fronte all’enorme dispendio economico predisposto dal governo per un compito così irrazionale e disumano. La regista sceglie di non aggiungere parole, basta vedere per capire.

“Misericordia” elogio della miseria

Dopo Le sorelle Macaluso del 2020 Emma Dante torna dietro la cinepresa, riportando su schermo una sua pièce teatrale. Da quella casa angusta del palermitano in cui vivevano le quattro sorelle, la regista apre il suo sguardo mantenendo però quella sensazione di claustrofobia che contraddistingueva l’opera precedente. Infatti le inquadrature sono studiate per togliere spazio al cielo, tendendo sempre verso il basso, verso le profondità del mare dalle quali le protagoniste non riusciranno mai a risalire.

Politica, solidarietà e internazionalismo ad Archivio Aperto 2023

La sedicesima edizione di Archivio Aperto è stata caratterizzata da una forte impronta politica dal respiro internazionale. I tanti splendidi film in concorso, in un modo o nell’altro, sembrano raccogliere una necessità sempre più impellente di politica. Allo stesso tempo “The future is memory”, slogan di questa edizione del festival, lega tale bisogno al ricordo, al recupero della storia per comprendere meglio il presente e lottare per un futuro migliore.

“Kim’s Video” e l’archivio rocambolesco

Girando interamente dal vivo, quasi improvvisando, il regista americano partorisce quello che, se non fosse documentato, sembrerebbe un film di finzione. Ci troviamo di fronte ad una carrellata tragicomica di incontri incredibili, tra personaggi surreali e politici “poco collaborativi”. Il film si trasforma progressivamente in un’indagine rocambolesca e apparentemente senza via d’uscita, in cui appare anche evidente l’impronta marcescente della mafia.

“Killers of the Flower Moon” speciale I – Le macerie del passato americano

Killers of the Flower Moon, tratto dal libro di David Grann Gli assassini della terra rossa, si colloca senza dubbio tra i film più violenti e spietati dell’intera filmografia di Scorsese. Un’opera tanto splendida quanto agghiacciante in cui il regista newyorkese denuncia l’orrore con la lucidità e la freddezza di chi sa che non smetterà mai di riproporsi. Col fare dell’antropologo, Scorsese ricostruisce un mondo rendendolo credibile grazie ad una sceneggiatura solida e ad una maniacale cura del dettaglio

“Asteroid City” speciale III – La finzione e la realtà (esistenziale)

L’uomo non è un animale razionale come voleva Aristotele, ma un essere mosso da forze inconsce incontrollabili. In questa scena non solo vediamo la chiave di lettura del film, ma anche come Wes Anderson intenda l’animo umano e, allo stesso tempo, come intenda l’arte in generale. Si tratta anche di una rivendicazione estetica secondo la quale non serve che le azioni dei personaggi vengano sempre spiegate. Asteroid City racconta di un essere umano che soffre, incapace di comunicare col prossimo, ma anche di capire se stesso.

“L’ultima luna di settembre” e lo squarcio sul sogno

L’ultima luna di settembre cala lo spettatore in un mondo alieno, cadenzato da ritmi compassati, incompatibili con la frenesia urbana. I morbidi movimenti di macchina, che seguono inebriati i paesaggi naturali, e la rilassante dilatazione temporale ci pongono di fronte al sogno di un’esistenza spiritualmente piena che il caos della metropoli rende ormai impossibile. Però si tratta pur sempre di un sogno, uno squarcio nella quotidianità destinato a ricucirsi.

“The Store” e la società dei consumi

La regista svedese tocca i tasti giusti mostrando come l’ossessione per la produttività trascini verso il basso le condizioni di lavoro, trasformando la vita degli operai in un inferno psicotico basato sulla competizione tra colleghi. Nonostante lo scenario inquietante Ami-Ro Skold lascia, forse ironicamente, le porte aperte ad un modello diverso e sostenibile, rappresentato dalla comune organizzata dai senzatetto. Una società che vive grazie agli scarti del supermercato e che diviene preferibile a quella civilizzata.