Maria Sole Colombo
“Doppio sospetto” e lo specchio del perturbante
Il lavoro di Olivier Masset-Depasse pullula di immagini del doppio: dapprima insiste sul tema dello specchio, e poi ne mostra implacabilmente le crepe. Richiama manifestamente un immaginario noto: è Douglas Sirk – il suo Technicolor fiammeggiante, le sue eroine borghesi sconquassate dalle passioni – il riferimento a cui rifarsi, lo stile da emulare e poi, post-modernamente, trasformare in maniera. Come nei melodrammi del maestro austriaco, tanto più la tragedia si fa lacerante quanto più si allarga un abisso raccapricciante tra la materia narrativa e la forma, che non rinuncia alla magniloquenza sfavillante, al barocchismo irriguardoso. E si allunga anche l’ombra di Hitchcock.
“Il varco” e la zona franca tra finzione e documentario
Ingenuo, insomma, chi pensa che il found footage non menta: persino il più trasparente dei filmini amatoriali, sottoposto alla tirannia degli anni, può trasfigurarsi in enigma. Lo sanno bene Federico Ferrone e Michele Manzolini, che firmano a quattro mani una creatura spuria e bifronte: il loro film è fatto di immagini della fallimentare campagna di Russia del 1941, provenienti dall’Istituto Luce e dall’archivio Home Movies. Immagini che più vere non si può, ma frammentarie, a cui il rimontaggio e la voce over infondono una nuova unità di senso. I filmini delle piane dell’Ucraina, prima dolci e poi innevate, solcate dai treni che portavano i militari italiani alla guerra, sono girate dai militari stessi, pedine nella marea di sangue del fronte orientale che vollero catturare le tappe di un viaggio sciagurato.