L'episodio Anna da Siamo donne, quello francese dei Vinti e Il lavoro da Boccaccio ’70 sono accumunati dal tema della noia. I protagonisti sono guidati, nel loro agire, dalla ricerca di una distrazione: Anna Magnani, diretta da Luchino Visconti, in Siamo donne (1953) descrive un litigio avuto con un tassista a proposito della dimensione del suo cane; in I vinti (1953) Michelangelo Antonioni mette in scena la violenza gratuita della cosiddetta “gioventù bruciata”, come risposta al vuoto esistenziale del secondo dopoguerra; in Il lavoro (1962) ancora Visconti racconta le vicende dei giovani e ricchi conti Ottavio (Tomas Milian) e Pupe (Romy Schneider): mentre il marito si ritrova coinvolto in un giro di ragazze-squillo, la moglie vorrebbe abbandonare il proprio agio per capire cosa si prova a essere autosufficienti.
Altro aspetto che accomuna le tre opere è il fatto che tutte sono ispirate a fatti realmente accaduti, pur romanzati per esigenze cinematografiche. Particolare il caso di Il lavoro che trae origine a un tempo da un caso di cronaca milanese e da una novella (Sul bordo del letto) di Guy de Maupassant. Alla sceneggiatura di questi film, inoltre, ha sempre collaborato Suso Cecchi d’Amico, il cui contributo maggiore è sicuramente da ricercare nella grande spontaneità dei dialoghi, perfettamente imbastiti in funzione degli interpreti, unitamente alla profondità morale ed emotiva dei temi trattati.
Tra questi titoli, tutti impegnati a raccontare “l’erotica noia borghese”, il lungometraggio di Antonioni spicca come opera-saggio con evidenti intenti sociologici: i ragazzi, che erano stati bambini durante la guerra, hanno interiorizzato la violenza come unico mezzo espressivo; disprezzano quello che hanno, vogliono farsi le proprie regole e fuggire dai limiti imposti dai genitori e dal mondo che li circonda. Il massacro del Circeo segue di ventidue l'uscita dell'opera terza del regista ferrarese, ma sembra essere il risultato di un medesimo milieu: in La scuola cattolica, il film del 2021 che ricostruisce quell'evento, il protagonista afferma che "quello che era successo riguardava tutti noi, le nostre educazioni, il nostro quartiere, la nostra scuola", sottolineando come la violenza sia spesso una risposta al contesto in cui vive l'individuo.
I due titoli di Visconti, invece, rivelano un approccio più ironico. Nell'episodio autobiografico Anna, la Magnani mette in motra il lato più 'popolaresco' della sua personalità, mentre nel Lavoro è il sesso al centro dei giochi di potere che mantengono in equilibrio la giovane e nobile coppia. In entrambi i casi, è l’idea della sfida ad alimentare la trama: sfide futili, battaglie per il proprio orgoglio dettate da una vita che non pare soddisfacente. Centrale è l’io, dell’eroe e del suo avversario, che Visconti esalta con primi piani e dettagli dei volti e dei corpi (vedi la schiena bagnata di Romy Schneider). Ad Antonioni, invece, più che l'anatomia degli sfidanti, sembra interessare lo studio del campo di battaglia.