"I have come here to chew bubblegum and kick ass. And I'm aaall out of bubblegum" (John Nada)

"Sono entrato in quest'industria per fare western. Ma il western era morto.." (John Carpenter)

Occhio ai titoli di testa. Muro di mattoni, binari d'acciaio, nerboruto hobo cammina sacco in spalla lungo le rotaie. Non c'è doppiofondo in Essi vivono. Nemmeno per un secondo prova a imbastire un vero (organico) discorso politico. "Sono un pessimista a breve termine" ride Carpenter, il solo regista di cui canticchiare i riff; "alla lunga penso sempre che tutto si aggiusterà". Dove arriva il pensiero, scaccia il cinema. Lo schermo è superficie. Questo schermo è troppo piccolo per tutti e due. Ebert fu al suo più americano di sempre quando scrisse che il cinema non nasce per elaborare ma per colpire. Idea che qui porta un nome e un cognome: Howard Hawks.

Da Hawks il giovane Carpenter ha imparato l'arte della firma di lusso, dell'autorialità come brand (Howard Hawks' Rio Bravo, John Carpenter's Escape from New York); soprattutto, un cinema che è gesto, moto di oggetti nello spazio, logica di propagazione fisica. “Azione” nel senso più letterale del termine, Essi vivono va esattamente alla velocità del suo working-class hero John Nada (Roddy Piper). Rilassato, mani in tasca, vagabondando nel tempo libero dal lavoro in cantiere. Solo lievemente scosso dal torpido cielo arancio scuro e dai bisbigli.

Del tutto noncuranti del loro peso teorico, anche Michael Myers e l'alieno metamorfico di La Cosa erano di questa pasta. Da una parte The Shape, la sagoma, con la maschera cerea dell'inespressivo William Shatner biancheggiante nel buio come un telo su cui proiettare i nostri incubi. Dall'altra la "cosa" senza forma propria che imita tutto e costringe a sospettare di tutti facendo leva sui peggiori istinti spettatoriali umani. Eppure inseguono, pugnalano, fanno a brandelli. Concreti a prescindere dal volto che si presta loro.

Ora, basta entrare nella pancia del mostro. Se La Cosa era una panoramica sulla diffidenza e la paura, un volo d'elicottero a sparare su un immenso manto innevato, Essi vivono scende a livello di partecipazione stringendosi in un paio di occhiali da sole. Con la sismica forza proiettiva di un espediente su carta ai limiti del risibile, assolutizza la visione del protagonista/spettatore senza far perdere in cinismo ironico, senza pregiudicare un'idea di narrazione. Divertendo(si) un mondo.

Finalmente vissuto in delirante bianco e nero, l'odio assume l'aspetto inequivocabile dei mascheroni delle teste-di-morto reaganiane. Ma il coltellaccio, la forza anarchica, stavolta siamo noi. Il nostro sguardo è "cosa", merce che sbatacchia in anonime scatole di cartone; è "gesto" reiterato decine di volte della mano coi rayban verso il viso - seguirà l'alzare allo zigomo il calcio di un fucile a pompa; gesto deliberatamente espanso negli oltre sette minuti della più lunga scazzottata della storia del cinema, in preparazione della quale Piper ricorda che Carpenter gli proiettò la rissa finale di Un uomo tranquillo.

Non che il suo cuore batta per Ford quanto per Hawks. "Guarda le scene dentro la diligenza in Ombre Rosse. Tutto sbagliato. Questo tizio non sapeva girare in interni!" - "Ma ha fatto almeno un film davvero spettacolare.." aggiunge prima di una pausa scenica. Macchine azionate da uomini senza volto radono al suolo le baracche, le forze dell'ordine incombono, predicatori itineranti gridano agli angoli delle strade in un mondo sull'orlo del baratro. Lentamente, quasi gustandosi il suono di quel titolo: "..Furore".