Nihil sub sole novum: mentre si stanno affievolendo gli echi dell’ultimo scandalo hollywodiano, la Cineteca di Bologna con la presentazione di I diari bollenti di Mary Astor di Edward Sorel (Adelphi) e la proiezione di Il mistero del Falco di John Huston, ha voluto rendere omaggio a Lucile Vasconcellos Langhanke (in arte Mary Astor), talentuosa star del cinema americano degli anni ’20, ‘30 e ’40 che nel 1936 si trovò al centro di uno scandalo mediatico per la sua relazione extraconiugale con il commediografo George Kaufman.
A presentare il libro, freschissimo di stampa, il suo traduttore - ed editor Adelphi - Matteo Codignola che ha illustrato contenuti e genesi del testo. Negli anni ’60 Edward Sorel - designer, illustratore ed animatore statunitense, oggi 88enne – ristrutturando un suo appartamento trova sotto al pavimento alcuni giornali del 1936 dedicati allo scandalo che aveva travolto Mary Astor: sposata ad un medico che curava dive di Hollywood, l’attrice teneva un diario con dettagliati resoconti delle sue avventure extraconiugali, che fu impugnato dal marito nel corso di una causa legale per l’affidamento della figlia, con la minaccia di pubblicazione. La notizia scosse i più grandi produttori cinematografici dell’epoca che temevano di finire sui giornali per adulterio e per di più con le pagelle delle loro prestazioni amorose.
Sorel quindi, invece di ristrutturare casa, comincia a leggere quei giornali e scivola con l’immaginazione negli anni in cui Mary Astor era un sogno proibito e Hollywood un film nel film e decide di scrivere un libro che ricostruisce la vicenda, corredando le parti narrate con il tratto veloce e tagliente delle sue ipnotiche illustrazioni.
Woody Allen in un articolo pubblicato quest’anno sul New York Times all’indomani dell’edizione americana, e ripreso poi in Italia da La Repubblica, si chiede perché la fantasia di Edward Sorel sia stata catturata proprio da Mary Astor. “Per me – scrive Allen - Mary Astor era un'attrice molto brava, magnifica ma non entusiasmante come Bette Davis o Vivien Leigh, per citarne due. E quando Bogart, nel Mistero del falco, dice che il suo socio assassinato era un detective troppo astuto per seguire un uomo dentro un vicolo senza uscita ma poi dice a Mary Astor «Ma con te ci sarebbe andato, angelo. Ti avrebbe squadrata dall'alto in basso, si sarebbe leccato le labbra e ci sarebbe andato, con un sorriso a trentadue denti», concordo solo a metà con questo apprezzamento. Il fatto è che mi vengono in mente una dozzina di altre femme fatale da cui preferirei farmi attirare in un vicolo buio per essere pestato o ammazzato”. Ma poi lo stesso Allen prosegue centrando – come fa spesso – il bersaglio, e cioè sostenendo che parte del fascino di Mary Astor fosse proprio legato a questo scandalo.
Dal 1936 in poi chi guardava questa attrice vedeva una bellezza altera e aristocratica che nascondeva in realtà una donna intelligente e spregiudicata. Un cortocircuito sinestetico che sicuramente John Huston aveva ben chiaro quando nel 1941, alle prese con la sua prima regia, le affidò - dopo il rifiuto di Geraldine Fitzgerald, impegnata in altra produzione - la parte di Brigid O'Shaughnessy ne Il mistero del Falco: una giovane donna impaurita che chiede aiuto e protezione all’investigatore privato Sam Spade (Humphrey Bogart) per ritrovare una preziosa statuetta raffigurante un falco nero. Pleonastico aggiungere che Brigid si rivelerà un’astuta dark lady mangiatrice di uomini e Sam Spade dovrà difenderla e difendersi da altri due loschi figuri pretendenti alla statuetta: il placido riccone Casper Gutman (un bravo e imponente Sydney Greenstreet) e il nervoso mediatore Joel Cairo (un minuto e sulfureo Peter Lorre).
Come ha ricordato Michael Fitzgerald quest’estate al Festival del Cinema Ritrovato, per Huston il cast era fondamentale: sapeva già dall’inizio quale fosse l’attore adatto al ruolo, perché vedeva oltre la persona, vedeva il personaggio. Lo stesso Humphrey Bogart - subentrato a George Raft e qui al suo primo ruolo veramente importante - nel corso del film viene continuamente apostrofato da Gutman come “personaggio”. Con questo film infatti Mary Astor e Humphrey Bogart, grazie alla visione e alla regia di Huston, non solo rimangono scolpiti nella memoria di noi spettatori ma vanno a costruire gli archetipi di celluloide di due personaggi intramontabili: la dark lady e l’investigatore duro dal cuore tenero. E attingendo a piene mani dalla storia hardboiled di Dashiell Hammett (Il Falcone Maltese), il grande regista dà vita al genere noir e a quel sentimento di disillusione che trova il suo sigillo nella scena finale. Ad un poliziotto che gli chiede di cosa è fatta la statuetta che ha in mano, Sam Spade risponde con la citazione shakespeariana “è fatto della materia di cui sono fatti i sogni”. Mentre sullo sfondo Brigid viene allontanata dalla polizia scomparendo dietro le porte di un ascensore che si richiudono più volte su loro stesse.
E a chiusura del primo film di Huston – uno dei più dialogati e ironici del regista - il sipario cala sulla sfuggevolezza della natura umana e sull’eterna sfida di raccontarla.