Alvaro Vitali, Pierino. Due nomi che si sovrappongono con una certa prepotenza nell’immaginario di chi, anche in maniera contingente, è venuto a contatto con la commedia all’italiana degli anni Settanta e Ottanta. Non si parla solo della commedia dolce-amara di Mario Monicelli, Nanni Loy e Dino Risi, ma anche di quella più popolare e “caciarona”: un sottogenere che più che criticare la società finisce per metterla in scena in modo disarmante, sbattendo sul grande schermo la trivialità e i vizi privati che la borghesia ha sempre celato sotto le pubbliche virtù. È la commedia sexy, quella invisa alla critica e resa celebre dai film di Nando Cicero, Michele Massimo Tarantini e, soprattutto, di Marino Girolami, che diede vita proprio alla fortunata serie di Pierino, cucendo un autentico vestito su misura per Alvaro Vitali. Un’uniforme che, in qualche modo, lo imprigiona ancora oggi, a sessantanove anni.

La carriera di Alvaro Vitali comincia su binari paralleli eppure non così distanti rispetto al culto di Pierino e delle barzellette, e alla domanda-tormentone “Col fischio o senza?” oggi possiamo rispondere con un po’ di superficialità e snobismo in meno. “L’amore tra me e Fellini è iniziato con un fischio”, è ciò che Alvaro rivela al pubblico del Cinema Ritrovato, durante la presentazione de I clowns. La proiezione del documentario-visionario di Fellini, restaurato dalla Cineteca di Bologna in collaborazione con la Compagnia Leone Cinematografica – e arricchito di alcune irresistibili outtakes – diventa l’occasione per fare un po’ di chiarezza sulla carriera di un attore che ha iniziato con i grandi. “Stavo facendo un provino e dopo tre ore di attesa Federico ha chiamato me e un ragazzo di Napoli. Come siamo entrati ho notato questa presenza con la sciarpetta e il cappello, stava su questa scala con una macchina da presa enorme e ho sentito solo una voce: ‘Chi di voi due sa fare il fischio del merlo?’ Io ho cominciato a fischiare alla pecorara come un pazzo. Fellini si è messo a ridere e ha detto: ‘Prendete quello là, ché l’altro sta ancora aspettando il merlo!’”

Dall’attore che veste i panni di Giulio Cesare nella rappresentazione teatrale di Vernacchio nel Fellini Satyricon al fonico irriverente de I clowns il passo è breve: “Io lavoravo a Trastevere, il quartiere di Roma dove sono nato. Facevo l’elettricista, avevo sedici anni. Ho lavorato per tre settimane al Satyricon con Federico, poi è finito tutto. Il mio principale mi disse: ‘Guarda, a me servi qua, devi decidere: o vuoi fare il cinema o vuoi fare l’elettricista’. Pensai: ‘Forse a me piace il cinema’, ma per il momento non c’era. Andai da Federico e glielo dissi: ‘Senti, c’è il principale che mi vuole mandare via’. Lui mi rispose: ‘Ti faccio lavorare per tutto il film, così guadagni un po’ di soldi e te ne freghi’ e così è successo: ho fatto I clowns. Ho perso quel posto, però ne ho trovato uno migliore – forse!”

Se quest’ultima nota svela una punta di amarezza, la stessa rimarca l’incredulità dell'attore: il sospetto che questo sodalizio sia stato solo un sogno, un’esperienza magica e quasi irreale destinata a continuare con Roma e a terminare con Amarcord. Che si dedichi a una grottesca imitazione di Fred Astaire o a fare il verso alla Gradisca durante l’intero pranzo nunziale, il personaggio di Vitali finisce per confondersi perfettamente con il giovanotto romano dal naso aquilino che lo interpreta. Non è un caso che il ballerino d’avanspettacolo in Roma si chiami proprio Alvaro e giù dal palco faccia, per l’appunto, l’elettricista: con un piede nel sogno e l'altro costantemente premuto sull’uscio del reale, Fellini libera il potenziale comico e cinico di un attore che farà del vivere secondo natura il suo leitmotiv principale, e che permetterà ad altre porte di spalancarsi in maniera del tutto spontanea.

Dal piccolo ruolo in Che? di Roman Polanski a Polvere di stelle di Alberto Sordi, fino a consolidare i propri tempi comici al punto tale che i panni della comparsa cominceranno a stargli stretti, così come il doppiaggio di Vittorio Stagni, che ne sostituisce la voce ne La poliziotta, Taxi Girl e La compagna di banco. Lo sguardo stralunato, un registro canzonatorio squisitamente romanesco e una vocetta stridula che fa da controcanto puntuale alle battute dialettali di Lino Banfi, Renzo Montagnani e Mario Carotenuto, ai quali rischierà di rubare addirittura la scena in film di genere come La soldatessa alla visita militare e La dottoressa ci sta col colonnello. Una media di cinque film all’anno che si trasforma in partecipazioni sempre più esigue: la carriera del trickster tutto italiano si è indubbiamente assottigliata, ma l’importanza impudente e provocatoria di Alvaro Vitali resiste – e co-esiste – insieme alla sua corporalità spudorata.