Evviva Giuseppe! di Stefano Consiglio è un titolo evocatore del ricordo che Bernardo Bertolucci condivide con gli spettatori, riguardante il giorno della nascita di suo fratello Giuseppe: perché, evidenzia, che se le separazioni sono momenti forti della vita di un uomo lo sono anche gli incontri.

I titoli di testa si aprono con un quaderno allegorico a quello che viene mostrato del mondo di Giuseppe Bertolucci e dei suoi tanti talenti e periodi, presentando, in ordine di apparizione, i personaggi (insieme agli oggetti o disegni che li rappresentano) che condividono uno ad uno i loro ricordi su questo grande maestro. Tra i commoventi ricordi di Bernardo Bertolucci riguardo la vita familiare e il rapporto fraterno fatto di alti e bassi, i racconti dei tanti amici e colleghi (Lidia Ravera, Mimmo Rafele, Marco Tullio Giordana e Nanni Moretti) e i ricordi di alcune sue attrici (Stefania Sandrelli, Laura Morante e Sonia Bergamasco) è raccontato gradualmente il percorso del maestro senza che nulla venga lasciato al caso.

Tra le altre apparizioni significative, per scandire i diversi passaggi della sua carriera, c’è quella di Gianluca Farinelli, direttore della Cineteca di Bologna di cui Giuseppe Bertolucci è stato dal 1997 presidente per più di dieci anni. Un periodo della sua carriera in cui sosteneva che Godard aveva ragione e che il cinema da regista oramai, non essendo più l’unico mezzo per la rappresentazione dell’immaginario collettivo, non faceva più per lui preferendo così la regia teatrale e le performance.

Alcune apparizioni di Giuseppe vengono mostrate attraverso alcune interviste, backstage di alcuni suoi celebri film - in cui esplora l’universo femminile che, in quegli anni, a lui sembrava molto più interessante e dinamico rispetto a quello maschile - e ad alcuni dibattiti insieme a Bernardo. Dibattiti che rimangono impressi per le scelte di quelle figure iconiche che essi vedevano come “secondi padri”: Bernardo in Pier Paolo Pasolini e Giuseppe, seguendo l’esempio del fratello maggiore, dapprima la vede in Pasolini poi nel famoso poeta del novecento Giorgio Caproni.

Dopo la visione di alcune sequenze tratte da alcuni film, specialmente Berlinguer ti voglio bene, e un raro monologo scritto dal maestro Giuseppe su un ironico gioco di pronuncia del nome Berlinguer, appare, su sfondo nero, un cupo e affranto Roberto Benigni. Egli ricorda della loro amicizia (che descrive come una “storia d’amore”) e sostiene di aver appreso tanto da Giuseppe che gli ha non solo insegnato a muoversi, ma anche e soprattutto a non muoversi.

Stefano Consiglio è riuscito a catturare l’animo sovversivo e poliedrico dell’unico Giuseppe Bertolucci, figlio del poeta Attilio che ad entrambi i figli ha insegnato ad amare la poesia e a conoscerla come una cara amica che è sempre sincera. Giuseppe affronta le poesie paterne, su di lui, nel suo libro Cosedadire e ne descrive le loro potenzialità: da un lato gratificanti per il suo animo, ma dall’altro anche le inquietudini che esse gli hanno trasmesso seguendolo, nell’ombra, per tutta la sua carriera fino alla “risoluzione” simbolica attraverso la performance teatrale A mio padre – Una vita in versi.