Archivio

filter_list Filtra l’archivio per:
label_outline Categorie
insert_invitation Anno
whatshot Argomenti
person Autore
remove_red_eye Visualizza come:
list Lista
view_module Anteprima

“Anima” di Paul Thomas Anderson e la distopia musicale

La messa in immagini di un brano musicale è un processo che esiste già da decadi: molti registi di cinema hanno iniziato la propria carriera nel mondo dei videoclip o vi hanno fatto incursione: si pensi a David Fincher, Spike Jonze e Michel Gondry. Recentemente però, abbiamo assistito ad una nuova tendenza: non più videoclip realizzati per meri fini promozionali, ma piuttosto, veri e propri short-film, in cui il connubio tra cinema e musica diventa indispensabile. È il caso di I Am Easy to Find diretto da Mike Mills per l’omonimo album dei National e di ANIMA di Paul Thomas Anderson, che va ad accompagnare il terzo lavoro solista di Thom Yorke. Anderson era già entrato in contatto con le sonorità dei Radiohead dirigendo i video di tre dei loro brani: quello tra Anderson e la band di Yorke era un sodalizio già consolidato.

Ode e requiem alla madre. La musica in “Suspiria”

Lavoro strabordante e stratificato, il Suspiria di Guadagnino guarda quello argentiano in superficie, ne coglie le coordinate narrative e ne stravolge lo spirito in un denso impasto in chiave femminile e femminista. Se il “maschile” appariva negato nel capolavoro del 1977, nel (non) remake è attraversato dalla crudele pietas della donna per un mondo morente e per un universo maschile ostracizzato nell’anima, piuttosto che respinto dalla scena. Mai come in questo caso si è lontani dall’anarchica rappresentazione del sabba, le streghe si collocano al di là del bene e del male, in una dimensione che unisce l’orgoglio e la vanità, la potenza ferina e la caparbia volontà di intrecciare il sodalizio in un corpo unico, come quello rappresentato nella danza Volk.

Venezia 2018: “Suspiria” di Luca Guadagnino

Con la danza, il corpo emana vitalità ed energia senza eguali, pulsioni e muscoli che si distendono e contraggono in solitudine o durante un pas de deux, oppure, ancora di più, nella coralità di una coreografia di insieme, in cui l’interpretazione delle singole variazioni cresce e si consuma all’interno di sé ed è, quindi, personale, quasi privata, ma nel contempo funzionale a renderne l’architettura generale: una dialettica di anime e corpi che si sfregano gli uni contro gli altri, incontrandosi e scontrandosi, amandosi e ferendosi. E questo il coreografo di Suspiria lo sa benissimo, poiché, del remake del capolavoro argentiano diretto da Luca Guadagnino, strega il lavoro compiuto sui corpi e sull’essenza stessa del movimento, quando ci si avvicina a un tal genere di espressione dell’io.