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“La scuola cattolica” alle origini della violenza
Fu un delitto politico nello sfondo dell’Italia degli anni ’70 alimentato da rigurgiti neo-fascisti e lotta di classe? Una violenza di genere in un clima contraddittorio sia di repressione bigotta sia di libertà sessuale nascente? Strafottenza di ragazzi ricchi e viziati, già pericolosamente vicini a reati e carcere? Opera di rampolli di famiglie di padri assenti o di problematica virilità e madri evanescenti o carnalmente umilianti? Il problema sta nel percorso a orologeria, soffocante e orrorifico, che fallisce nel non rendere i carnefici sufficientemente spaventosi e bestiali, mantenendo le loro psicologie nell’ombra.
“Gli infedeli” e il maschio italiano senza perfidia
Tre modi per leggere Gli infedeli. Il primo è noioso: il senso dell’operazione è del tutto interno alla logica di un servizio (Netflix) che per il suo catalogo di film originali – al di là dei tre o quattro omaggi annuali al cinema come Dio comanda, diciamo da Scorsese in giù – ragiona per modelli e schemi da usato sicuro. Il secondo è autoreferenziale: il film di Stefano Mordini rinnova – o rinnoverebbe – la tradizione della commedia all’italiana raccontando la realtà contemporanea secondo quella lente deformata e deformante tipica dei maestri del genere. Il terzo è pretenzioso: ma no, ragazzi, non è una commedia, è un dramma che osserva la tragedia del maschio contemporaneo. Nessuno ha la verità in mano, figuriamoci quando parliamo di film.