Archivio
Sguardo politico e sguardo poetico. I corti di Alice Rohrwacher
C’è un luogo mappato sulle cartine d’Italia, al confine tra il Lazio e l’Umbria, che fa da sfondo alle ultime due opere della regista italiana Alice Rohrwacher: l’altopiano dell’Alfina. Omelia contadina e Quattro strade germogliano sotto uno stesso lembo di cielo, da un pezzo di terra che è naturale solo in apparenza. Per il Pasolini della Medea, film del 1969, sono gli dei a rendere la natura -presenza – e a imbastirla come materia originaria: “Tutto è santo e l’intera Natura appare innaturale ai nostri occhi. Quando tutto ti sembrerà normale della natura, tutto allora sarà finito!”; così canta nel prologo il centauro Chirone al giovane Giasone che pesca con i piedi immersi nell’acqua tiepida e le spalle rivolte alle nuvole che si specchiano nella laguna di Grado.
“Omelia contadina” tra morte e resurrezione di Madre Terra
Omelia contadina con le sue immagini rosse di terra, i volti dei contadini segnati dal tempo e dal sole, ma soprattutto con l’accompagnamento sonoro della marcia funebre eseguita da una banda paesana, ci ha da subito riportato, certo inconsapevolmente, a quella stessa atmosfera tante volte vissuta durante il funerale della saracca: la seriosa commozione di un rito pagano, pronto a rivelarsi improvvisamente con la potenza della sua natura più verace e nascosta, quella di un festoso inno alla vita. In soli dieci minuti Alice Rohrwacher e JR dedicano la loro “azione cinematografica” (perché mai come in questo caso il cinema è politico) a tutti quei valori arcaici che “dovrebbero alimentare la vera ricchezza del mondo” e invece sono stati messi all’angolo dalla ricerca del profitto.