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“Diabolik – Chi sei?” secondo lo sguardo di Eva Kant

Se l’intera trilogia costituisce un’esperienza visiva singolare e seducente per l’uso sapiente del colore e per il rigore filologico nel trasporre sullo schermo l’eleganza stilizzata delle tavole originarie, nell’ultimo capitolo i Manetti Bros abbandonano parzialmente la scelta stilistica di aderire alla fissità grafica dei fumetti che in qualche modo congelava l’azione nei due film precedenti e sviluppano la diegesi del film su più linee narrative, mischiando registri stilistici ed epoche differenti.

“Diabolik, chi sei?” e lo svago cinefilo

Se il ritmo non sempre regge, se la tensione a volte latita, se non mancano ingenuità e scivoloni, lo si perdona volentieri ai Manetti, prendendo in cambio il divertimento analogico d’antan, il gioco dei cameo, lo svago citazionista che regala questo fumettone bidimensionale e stilizzato. Ma d’altro canto il fascino di Diabolik, sempre uguale a se stesso, non è un po’ anche questo?