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“Guerra e pace”. La visione multiforme di D’Anolfi e Parenti

Come nel precedente Spira mirabilis, in concorso a Venezia nel 2016, in questo nuovo film di D’Anolfi e Parenti a padroneggiare è la divisione in storie, luoghi e individui, tra loro lontani e sconosciuti. Se prima il discorso era organizzato per elementi (terra, acqua, aria…) a cui erano legati gesti (scultura, ricerca, creazione di uno strumento…) che si interscambiavano amalgamandosi in un discorso spirituale ed esistenziale, in Guerra e pace tutto è diviso in quattro capitoli: netti, sequenziali e caricati di un forte senso temporale (passato remoto, passato prossimo, presente e futuro), intenti a riflettere sulla guerra ieri e oggi, sulla pace come assenza/conseguenza di essa e sull’immagine come unico punto di incontro/scontro.

“Spira mirabilis”: effetto critico

In sala da alcuni giorni, il film di Martina Parenti e Massimo D’Anolfi ha un compito difficile: offrire il proprio cinema osservazionale e contemplativo, fatto di momenti operosi ma lenti, capaci di scolpire il tempo, agli spettatori meno abituati a questo approccio poetico e cosmogonico. Viste le reazioni molto forti – nel bene e nel male – che le persone stanno avendo in sala, siamo andati a recuperare un po’ di reazioni critiche al film e le abbiamo brevemente antologizzate a seguire. Si apra il dibattito.