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“La truffa dei Logan” e i ribaltamenti di segno

Steven Soderbergh è un regista difficile da inquadrare. Qualsiasi tentativo di etichettare il suo lavoro per farlo aderire a categorie critiche ben delimitate, è infatti negli anni, felicemente fallito. Quasi programmaticamente Soderbergh sovverte ad ogni film, prospettive, approcci, pubblico di riferimento (ammesso che ne esista davvero uno), generi e stili, mescolando, ibridando, alternando produzioni di lusso e grandi attori di Hollywood a piccole produzioni indipendenti con attori poco conosciuti. Davanti al suo cinema, occorre perciò rimettere in discussione il proprio sguardo, accettando di farsi sorprendere, certi solo di trovarsi di fronte ad una visione di grande qualità e intelligenza.

I fantasmi della mente in “Parlami di Lucy”

Un film di fantasmi e ossessioni, di angosce che si materializzano sotto forma di visioni, incubi così vividi da lasciare negli occhi dello spettatore, come in quelli della protagonista, l’inquietante sospetto se quanto visto fino a quel momento, sia veramente accaduto. Un film da camera, che vive attaccato al volto della protagonista. Addolora profondamente la prematura scomparsa di Giuseppe Petitto, un regista ancora giovanissimo che, dopo una bella carriera nel documentario suggellata anche da importanti riconoscimenti, con questa sua prima opera di finzione ha mostrato una grande maturità stilistica e una sensibilità non comune nell’affrontare una storia difficile e sfaccettata: a noi che restiamo, lascia il rimpianto di una voce già compiutamente autoriale che avremmo voluto ascoltare ancora molte volte. 

“Nome di donna” e l’ingranaggio maschilista

Al netto di un film poco riuscito, si salva l’intento morale di Giordana, sensibile nel cogliere, insieme a Cristiana Mainardi che ha scritto il film, l’urgenza di portare allo scoperto un crimine relegato troppo spesso nelle zone d’ombra della cronaca e che il movimento #metoo ha invece aiutato a far emergere, dando coraggio e solidarietà alle tante donne che ancora non riescono a parlare, e non ultimo, in qualche modo, il film ci ricorda che ogni giorno, anche senza rendercene conto, che lo accettiamo o meno, siamo tutti parte di questo ingranaggio maschilista e siamo dunque, sopratutto noi uomini, tutti coinvolti e responsabili: non uno di meno.