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“La prima notte di quiete” come melodramma queer. A 50 anni dal capolavoro di Zurlini

Gran successo di pubblico del 1972, La prima notte di quiete di Valerio Zurlini viene solitamente rappresentato dalla critica come un iconico melodramma dell’eterosessualità. All’enfasi melodrammatica contribuiscono la colonna sonora e le numerose citazioni letterarie romantiche: dal verso di Goethe, metafora della morte, che dà il titolo al film al romanzo di Stendhal, Vanina Vanini, che presta il nome alla giovane protagonista femminile ed evoca un triste destino per gli innamorati. Ma vale la pena andare più a fondo per trovare nuovi sguardi e nuove analisi di questa celebre opera con Alain Delon. 

Giorgio Morandi e il cinema: un breve viaggio

Più volte il cinema si è interessato alle opere di Giorgio Morandi, le sue nature morte compaiono in alcune pellicole a testimoniare il gusto di un’epoca, pezzi pregiati all’interno di collezioni d’arte dall’inestimabile valore come in Un bacio e una pistola di Robert Aldrich (1955), forse la prima fuggevole traccia cinematografica dell’artista bolognese, fino al recente Io sono l‘amore di Luca Guadagnino (2009). La pittura di Morandi emerge dallo sfondo quando diventa elemento portante della narrazione, non solo status symbol di una classe agiata ma squarcio tangibile nella parete. Soffermandosi sul silenzio di questi oggetti “immersi in una luce di sogno”, Marcello (Mastroianni) ne La dolce vita (1960) è guidato dallo sguardo rapito di Steiner (Alain Cuny), sopraffatto dal dipinto “in cui niente accade per caso”.

“Cronaca familiare” di Valerio Zurlini al Cinema Ritrovato 2018

Il film Cronaca familiare si apre con due foto di famiglia, ultime testimonianze di una memoria che il protagonista, Enrico, cerca di ricostruire. Dalla notizia della morte del fratello Lorenzo, inizia il racconto in prima persona della triste vicenda della sua famiglia. Marcello Mastroianni ci dimostra ancora una volta la sua grande capacità di entrare dolcemente nel cuore di un personaggio, in questo caso intimo e drammatico. Ispiratosi alla pittura di Ottone Rosai, Valerio Zurlini dipinge una Toscana desolata, con colori sbiaditi, nelle cui stradine il personaggio si perde. Enrico cammina e noi lo seguiamo di spalle, rincorrendo il filo delle sue memorie. Sempre di spalle si sofferma a guardare un quadro, attraverso cui entriamo nella dimensione del passato.

“Cronaca familiare” di Valerio Zurlini al Cinema Ritrovato 2018

Esprimere il massimo della vitalità e dell’entusiasmo morendo, legati a un letto di contenzione: è la condizione che lega inscindibilmente l’Ettore pasoliniano di Mamma Roma e Lorenzo, quell’uomo ancora bambino che esala l’ultimo respiro conservando i tratti dell’ingenua e tenera fanciullezza che Valerio Zurlini racconta in Cronaca familiare. A loro modo, sullo sfondo di due vicende che prenderanno poi le pieghe del dramma familiare e psicologico, Pasolini e Zurlini riportano sullo schermo l’indigenza e le ristrettezze fisiche e morali a cui dovevano far fronte le classi meno abbienti nel dopo guerra, il rifiuto e poi la necessità del compromesso e l’isolamento che segue alla mancanza di prospettive e risorse; se, da un lato, è come se il poeta friulano planasse sulla tragicità della storia senza macigni sul cuore, con una leggerezza che lascia spazio a parentesi umoristiche e di una tenuità che stemperano l’atmosfera di fondo – e Anna Magnani ne è la protagonista – non c’è nulla che, in Zurlini, ne addolcisca i toni o smussi gli angoli.