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Il richiamo alla dimensione agreste attraverso i colori in “Giorni d’amore”

In Giorni d’amore di Giuseppe De Santis, primo film a colori del regista e della coppia Marcello Mastroianni e Marina Vlady, nonché fiaba romantica ambientata in una cornice bucolica, i colori possiedono una dimensione fortemente simbolica. A risaltare sono innanzitutto il verde e il rosso, di cui si tingono di frequente gli abiti dei protagonisti: è verde la camicia di Pasquale (Marcello Mastroianni), così come lo scialle indossato da Angela (una giovanissima Marina Vlady), o l’abito rosso della bella contadina ciociara in cui compaiono decori nuovamente verdi. Il rosso vivace dei pomodori appesi un po’ dappertutto sulle case o dei peperoncini scaramantici, tipici della cultura dell’Italia contadina e meridionale, è lo stesso del nastrino che intreccia i capelli biondi della Vlady o le fasce al collo dei contadini.

“Giorni d’amore” fiammeggiante miniatura

Non è difficile trovare, nel cinema italiano degli anni Cinquanta, tra produzioni picaresche ed inaspettati prestiti dall’estero, scelte di casting particolarmente ardite che spesso funzionano proprio in virtù della loro assurdità. Al contempo non sono rare neppure certe fortunate deviazioni: è il caso di Giorni d’amore, che in un primo momento prevedeva come protagonisti Gérard Philipe e Silvana Mangano. Se si stenta a credere allo sfortunato ed elegante divo francese nel ruolo di un contadino ciociaro, occorreva altresì un grande sforzo per accettare la splendida star di Anna come vispa campagnola poco più che adolescente. La storia è andata diversamente e non si riesce ad immaginare una coppia diversa da quella formata da Marcello Mastroianni (accreditato Mastrojanni) e Marina Vlady, credibili nonostante i quattordici anni di differenza.

Venezia Classici 2017: “Non c’è pace tra gli ulivi”

A cent’anni dalla nascita e venti dalla morte, Venezia Classici omaggia Giuseppe De Santis, regista grande quanto i non molti film che ha girato e forse soprattutto come i troppi che non ebbe la possibilità di realizzare. Della sua opera si ricorda sempre il longseller Riso amaro anche grazie all’iconica mondina Silvana Mangano ma, benché il tempo si stia rivelando più che corretto nell’evidenziare il valore del capolavoro Roma, ore 11, De Santis resta a tutt’oggi autore da riscoprire perfino nei risultati meno felici, non ultimo il terminale, disincantato commiato involontario Un apprezzato professionista di sicuro avvenire, il cui insuccesso contribuì a radicalizzare l’ostracismo nei suoi confronti.

Cinema Ritrovato 2017: “Tre storie proibite”

Messo in secondo piano dal contiguo Roma ore 11, Tre storie proibite si ispira allo stesso fatto di cronaca: il crollo di una scalinata in cui circa duecento donne erano ammassate per fare un colloquio di lavoro. A differenza di De Santis, che incaricò Elio Petri di compiere un’inchiesta sulla vicenda, con l’obiettivo di partire dalle esperienze di vita delle ragazze per tracciare un ritratto sulla disperazione postbellica delle classi più umili, Augusto Genina sceglie tutt’altro approccio.