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“Ladri di biciclette” attraverso l’autenticità di Roma

Come ha ricordato Caterina D’Amico, nessuno degli autori coinvolti era romano. Suso Cecchi D’Amico aveva vissuto a Roma, ma era di origine fiorentina. Eppure quella di Ladri di biciclette è una Roma estremamente autentica, viva, una Roma che esiste a prescindere dalla macchina da presa di De Sica. Vivi sono anche i personaggi, i quali hanno un passato e un futuro che non appartiene al film e che, per l’intera durata della pellicola, veicolano tutto il bagaglio culturale legato a Roma e soprattutto alle borgate del dopoguerra.

Una bicicletta rubata che ha fatto il giro del mondo

L’Academy tributò a Ladri di biciclette l’Oscar come miglior film straniero. De Sica di colpo venne catapultato tra i grandi cantori del Novecento, con anche il merito di aver riabilitato l’immagine del Bel Paese agli occhi del mondo. Una testimonianza d’oltre oceano, finora sconosciuta, che conferma la portata universale che questo film ha saputo esprimere, la si trova in una trascrizione radiofonica inviata per posta da un amico, Pio Campa, attore e impresario teatrale che tra gli anni Venti e Trenta aveva condiviso con De Sica il palcoscenico e alcuni set cinematografici. 

“Ladri di biciclette” e la critica

Un’antologia critica riguardante Ladri di biciclette non può che suscitare grande ammirazione per i nomi coinvolti. E così, un capolavoro del neorealismo diventa occasione per rileggere i classici e osservare processi e metodi della grande critica del passato. “Perché questa, della pietà, è la prima e più appariscente ‘morale’ del film. Noi che tante volte siamo stati tentati di discorrere di quel capitale specchio del costume che è il cinema e non l’abbiamo fatto per non ricamare variazioni letterarie su di un mezzo espressivo la cui struttura tecnica ci è quasi sconosciuta, non parleremmo di questo film se non fossimo convinti che Ladri di biciclette è un documento di importanza eccezionale per la cultura italiana” (Franco Fortini, “Avanti!”, 15 marzo 1949).