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“L’uomo che uccise Liberty Valance”. C’era una volta il West(ern) secondo John Ford

Non è azzardato sostenere che L’uomo che uccise Liberty Valance sia il primo grande epitaffio funebre del mito del West, ed è curioso come sia proprio Ford – l’incarnazione apollinea del genere western, colui che rappresenta “il” western americano per eccellenza – a metterlo in scena. John Wayne – l’attore più rappresentativo dell’epica fordiana, da Ombre rosse e Il massacro di Fort Apache a Sentieri selvaggi – interpreta un po’ il ruolo che da sempre gli è stato cucito addosso, cioè l’eroe del West, il pistolero, l’uomo che usa la pistola e si fa giustizia da sé, e che incarna poi la mitologia stessa della Frontiera. L’uomo che uccise Liberty Valance è il cinema western che riflette su sé stesso, e la conclusione è amarissima: il procuratore legale, l’uomo dell’epoca moderna – colui che ha basato la sua popolarità e quindi la sua carriera politica su una menzogna – diventa una celebrità rispettata, mentre il pistolero, l’uomo del vecchio West, muore da solo e dimenticato da tutti; il vecchio eroe e il vecchio mondo muoiono, per lasciare spazio a quelli nuovi, con una marcata componente di tristezza e nostalgia.

I “frutti dell’ira”. La collaborazione tra John Ford e Henry Fonda

A sentire certi discorsi, chi non avesse mai visto un suo film potrebbe immaginarsi una presenza calda e stabile nella sua equanimità, un altro Gregory Peck. Invece Fonda è un interprete tutto emotivo, il cui algido autocontrollo si incrina continuamente di spiragli nervosi, rabbia, sconforto, in una dialettica vibrante che denuncia l’investimento totale nei ruoli prescelti, spesso (come ricorda ancora Horwarth) non esenti da un certo autobiografismo. Fonda non corrisponde mai astrattamente a un’idea o a una causa, ma le incarna con furia bruciante, ossessivamente, tornando a esplorarle da tutti gli angoli. Si pensi al tema dell’esecuzione imminente, rinviata, a volte scongiurata e a volte ineluttabile (da Alba fatale a La parola ai giurati): i biografi lo riconducono a un episodio traumatico dell’adolescenza, quando il padre lo portò quattordicenne ad assistere al linciaggio dell’afroamericano Will Brown durante i moti razziali di Omaha del ‘19.

“Alba di gloria” al Cinema Ritrovato 2020

C’è un’inquadratura ricorrente in Alba di gloria (Young Mr. Lincoln, 1939) che è un po’ l’emblema di tutto il periodo “rooseveltiano” di Ford e in particolare dei film con protagonista Henry Fonda: Lincoln seduto su una sedia, le gambe appoggiate a scrivanie o banconi, reclinato all’indietro e quasi in procinto di cadere. La stessa posa, solenne e perfino aggraziata nella sua innaturalità, che il duo renderà iconica qualche anno dopo in Sfida infernale (1946), dove Wyatt Earp si dondola mollemente sulla sua seggiola puntellandosi con gli stivali contro la staccionata della veranda. Questa buffa contorsione è spesso interpretata dagli esegeti fordiani come correlativo di una ricerca di equilibrio, inteso come quell’armonia sociale per cui l’eroe combatte facendo fronte alla minaccia brutale della wilderness che ancora si annida ai confini della città. Il distacco dalla figura di Earp, in questo film dall’approccio “plutarchèo” dove al monumento è sì restituita tanta umanità, ma esso resta pur sempre icona fondante di un èthos ed è quindi evidentemente dotato di risorse morali e intellettuali superiori al comune mortale, sta nel diverso grado in cui lo stesso protagonista affronta la mutazione dal barbarico alla civiltà.

“La trovatella” di John Ford al Cinema Ritrovato 2018

Leggero, divertente, ma allo stesso tempo capace di dare spessore alla vicenda, La trovatella dipinge la superficialità di un’alta società infantile e capricciosa, che non può far altro che apprendere la realtà da una ragazzina, la quale ne è venuta a conoscenza molto presto. Per contro Ford sceglie di non condannare totalmente la famiglia tramite la figura del fratello Steve, pecora nera e rinnegato, spesso ubriaco, tormentato dalle insidie della vita e più interessato a un’esistenza semplice, serena e frugale, che agli sfarzi di ville e yatch. Prima di chiudersi nella vasta tenuta di MacMillan, il film presenta toni cupi e tagli fotografici da cinema espressionista tedesco, per poi assumere gli stilemi della commedia frizzante grazie all’estro della protagonista Sally O’Neil e all’estrema caricatura di personaggi stereotipati.

Cinema Ritrovato 2017: “La più grande avventura”

In sala per il penultimo giorno di festival, restaurato nell’originale formato 35 mm, La più grande avventura (1939) di John Ford offre l’occasione di riscoprire un classico interpretato da fedelissimi (Henry Fonda, Ward Bond, John Carradine) e con un ruolo tutto particolare nel percorso del regista; si inscrive – in maniera problematica – tra i Ford animati dal mito di fondazione della civiltà americana; film come questo o La carovana dei Mormoni sono storie non di sceriffi e banditi ma di Terre Promesse, non di duelli ma di campi dissodati, nascite, danze gioiose e sfrenate come riti pagani della fertilità.