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“La zona d’interesse” speciale IV – La posizione dell’osservatore

L’ultimo film di Jonathan Glazer è davvero una riflessione sull’etica dello sguardo? Le immagini vivono di quella che Michele Guerra, parlando proprio delle immagini della Shoah, chiamava pressione del fuoricampo? Forse sì, ma proviamo qui a cambiare il punto. Forse questo film ha meno a che fare con lo sguardo e più con il concetto di posizionamento. Forse non si pone la questione di cosa e come guardare, ma di cosa e come posizionare. Più che un’osservazione, La zona d’interesse sembra un rilievo topografico.

“La zona d’interesse” speciale III – L’attualità di Auschwitz

Glazer parte dal libro di Amis per darne una sua rilettura personalissima mantenendosi sì fedele ai temi di fondo, ma scarnificandoli, distaccandosi da vicende e protagonisti per concentrarsi da un lato sull’indicibilità e quindi anche sulla non rappresentabilità per immagini dell’orrore della Shoah, e dall’altro sulla figura di Rudolf Höss, che perde la connotazione grottesca e ridicola del romanzo per dar vita sullo schermo a “uno dei massimi criminali mai esistiti”, come lo ha definito Primo Levi e come emerge dall’autobiografia dello stesso Höss.

“La zona d’interesse” speciale II – La tortura mancata

L’inglese Glazer, nell’adattare liberamente il romanzo omonimo del suo connazionale Martin Amis, realizza un’opera complessa e radicale nella sua astrattezza. Racconta molte cose, nessuna in particolare, tutte rilevanti e ciascuna potenziale oggetto di altri film a sé stanti, scegliendo deliberatamente di non dire nulla e di aprire l’abisso del fuori campo non durante la centrale sequenza notturna che ingloba ogni possibile lettura, ma oggi, a ottant’anni di distanza, nel campo diventato museo-cimitero.

“La zona d’interesse” speciale I – Al di là della banalità del male

La zona d’interesse, vincitore a Cannes 2023 del Grand Prix della Giuria e presentato alla Festa del Cinema di Roma 2023, è un film in cui la nozione dello spazio è una questione formale e tematica essenziale: la struttura filmica è costituita da un’attenta costruzione e gestione dei luoghi, ripresi con l’utilizzo quasi esclusivo della luce naturale. Dagli spazi interni della casa degli Höß al giardino, lo spazio è un disegno geometrico netto e angusto dove è impossibile qualsiasi concezione di libertà.