Archivio

filter_list Filtra l’archivio per:
label_outline Categorie
insert_invitation Anno
whatshot Argomenti
person Autore
remove_red_eye Visualizza come:
list Lista
view_module Anteprima

“Vortex” di amore e di morte

A differenza di vari film di Noè, da Enter the Void a Climax, dove tutto era pregno di un iperrealismo nella forma e nel contenuti, qua siamo agli antipodi, poiché Vortex è una sorta di cinéma-vérité, un cinema verista, senza mediazioni, quasi documentaristico, per certi versi accostabile a certi film della Nouvelle Vague francese; motivo per cui, non è forse un caso che l’attrice protagonista sia la Lebrun, quella de La maman et la putain di Jean Eustache, e icona del cinema francese degli anni d’oro. L’attore che impersona il marito è invece Dario Argento, cioè il re del brivido, colui che al cinema ha spettacolarizzato la morte come forse nessun altro.

“Irréversible – Inversion intégrale” di Gaspar Noé a Venezia 2019

Il rimontaggio del film in ordine cronologico presentato alla 76a Mostra del Cinema di Venezia (ricordiamo che l’originale era strutturato con una progressione anti-cronologica, à la Memento di Christopher Nolan) ne costituisce una vera e propria rielaborazione. Chi assiste alla proiezione non è più guidato dalla curiosità di scoprire quale sia la causa di un determinato effetto: si ritrova invece proiettato in un crescendo impressionante di violenza, in una spirale di istintività. Ora il tempo, anziché rivelare, “distrugge tutto”: è quanto sentenzia uno dei personaggi. A distanza di diciassette anni, con l’obiettivo-pretesto di dissolvere eventuali enigmi del film originario, Noé approfondisce la sua riflessione sulla violenza insita nell’uomo e coordina tematiche e stile in una spirale di puro sbandamento spettatoriale, realizzando un nuovo tassello del suo “cinema sensoriale” che quest’anno aveva già arricchito con lo straordinario Climax.

“Climax” versus “Suspiria”

Climax di Noé è invece un vero e proprio aggiornamento del testo originale, capace di proiettare il racconto di Argento nella contemporaneità. I ballerini appartengono alla stessa compagnia ma sono, prima che membri di un gruppo, soggettività indipendenti, come ribadito dalla loro presentazione mediante i tapes. Tutte le frizioni individuali, ignorate nel primo Suspiria e accennate da Guadagnino, escono qui allo scoperto: il cast è frammentato in una miriade di piccoli nuclei che si attraggono e respingono, creando una galassia di interazioni assenti negli altri due film. Anche la forma del ballo viene rivoluzionata: ogni legame con la tradizione classica e il suo sottotesto di disciplina dei corpi è negata.

“Climax”, il cinema strabordante

Un film in cui ogni simbolo si dà immediatamente nel suo significato testuale – “francese e fiero di esserlo”, con tanto di correlativo oggettivo tricolore, a scanso di equivoci – e talmente cristallino nella sua genealogia intellettuale da contenere, in apertura, una bibliografia (volumi di Nietzsche e Bataille, DVD di Eraserhead, Salò o le 120 giornate di Sodoma, Possession, La maman et la putain e tanti altri, Suspiria compreso, danno bella mostra di loro nel quadro iniziale). Il delirio si dispiega fino ad occupare la metà del film non è male strisciante nella società né disagio esistenziale: è delirio punto e basta, puro e acidissimo come le tinte del film, indotto da una banale sangria corretta all’LSD.