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Bong Joon-Ho e l’eredità di “Il silenzio degli innocenti”

Non stupisce che un autore così politico e attento al racconto della stratificazione sociale come Bong Joon-Ho possa aver trovato un film-faro in Il silenzio degli innocenti, citato e rielaborato con tale insistenza da dare la sensazione di potervi ricondurre gran parte della sua opera come a una matrice originaria. Se quasi subito non sembrò casuale la scelta di inserirsi con Memories Of Murder (2003) proprio nel filone serial killer inaugurato dal film di Demme (per arrivare al limite del calco nella sequenza dell’autopsia, col rinvenimento di un corpo estraneo in un orifizio della ragazza assassinata) da allora il debito si è rinnovato film dopo film, informando molti dei principali tòpoi del cinema del sudcoreano.

Il cinema parallelo di Jonathan Demme e Paul Thomas Anderson

Difficile non trovare un regista americano disposto a lodare la generosità ed ammirare il magistero di Jonathan Demme, che ci ha lasciato quasi un anno fa. Brady Corbet e Barry Jenkins lo ricordano con l’affetto dei figli putativi. Wes Anderson e Alexander Payne ammettono di copiarne i famosi primi piani. Richard Linklater, se non l’erede, è quantomeno un magnifico seguace. E poi Paul Thomas Anderson. Quando ebbe l’onore di aiutare il mentore già malato Robert Altman in Radio America, si fece visibile la sua annessione a quella genealogia spirituale degli autori anticonformisti che comprende anche Demme. Una volta, alla domanda su quali registi l’avessero più influenzato, rispose: “Jonathan Demme, Jonathan Demme, Jonathan Demme”.

Lo sguardo indipendente: addio a Jonathan Demme

 

La morte di Jonathan Demme non è solo l’addio di un grande autore e di una persona rispettosa, ma anche il commiato di un cinefilo che aveva saputo unire serie B off Hollywood e trasformazione del mainstream.