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Ritratto dell’artista da giovane: “Il rullo compressore e il violino”

Tarkovskij mostra già curiosità verso molti elementi che poi diventeranno prototipici della sua visione, e dunque filma con stupore innocente i vetri, gli specchi, gli impercettibili bagliori nell’aria, le lievi increspature nell’acqua delle pozzanghere, l’invitante consistenza dell’asfalto fresco. Solo uno sguardo un po’ più interessato del dovuto, niente di preoccupante. La sua dirompente forza stilistica, che lo avrebbe condotto a un aperto dissenso col regime sovietico, sarebbe maturata di lì a pochi anni. Il rullo compressore e il violino resta un piacevole ritratto dell’artista Andrej Tarkovskij da giovane.

La stella e il found footage di Johann Lurf

Quasi impossibile da citare, visto che il simbolo della stella dà il titolo al film, l’ultimo lavoro di Johann Lurf, presentato a Bologna in occasione di Art City, colpisce in profondità. Il giovane filmmaker austriaco si serve di un simbolo evocativo, che forse ad alcuni avrà subito richiamato alla memoria un’altra stella comparsa nel 2016 sulla copertina dell’ultimo album di David Bowie e, come questo starman per definizione, ci invita ad affrontare la sua personalissima space oddity attraverso un found footage, altamente cinefilo, montando una serie infinita di sequenze cinematografiche nelle quali compaiono delle rappresentazioni della volta celeste. 

“La lingua dei miracoli” ad Art City 2018

Non sapremo mai quanto centri lo zampino della divina provvidenza nell’opera di Maurizio Finotto, artista e regista originario di Cavarzere, provincia di Venezia, luogo in cui sembrano avere avuto inizio le prime apparizioni divine, un po’ per scherzo, un po’ per autocompiacimento. Sono circa 200 le tavolette votive realizzate tra il 2015 e il 2017, Finotto fa proprio quel linguaggio mistico e atemporale tipico degli ex voto attraverso il quale illustra i momenti salienti della sua esistenza, tutti accomunati dal verificarsi di un miracolo o di una grazia, accertate o presunte che siano, non sta a noi stabilirne l’autenticità, ma crederci aiuta ad entrare in questa dimensione taumaturgica in cui l’ironia e la devozione popolare trovano un perfetto equilibrio.

Art City Cinema 2018: “Final Portrait” e l’arte del particolare

L’arte di essere amici è lo sgraziato sottotitolo con cui Final Portrait esce nelle nostre sale. Al di là delle opinioni, è utile perché unisce le due dimensioni sulle quali si fonda questa novella autunnale e simpaticamente anacronistica. L’arte è quella dello svizzero Alberto Giacometti, scultore, pittore ed incisore che vive, lavora, mangia, beve e gode a Parigi. L’amicizia è quella che lo lega a James Lord, scrittore americano con cui trascorre pomeriggi nei caffè o a passeggio tra le tombe dei cimiteri. Chiamato a posare per un ritratto, Lord, convinto di non perdere più di un pomeriggio, si prestò alla causa per un periodo indefinito, costretto a rimandare ogni giorno la partenza per gli States e a subire stoicamente le intemperanze dell’artista.